Winston Churchill, il gigante che non ti aspetti

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Erano appena scoccate le otto del mattino del 24 gennaio 1965 quando Winston Churchill morì nella sua casa di Hyde Park Gate a Londra. Due settimane prima era stato colpito da un ictus. La regina Elisabetta disse “Siamo tutti più poveri”. Il presidente francese Charles De Gaulle disse “La Gran Bretagna non sarà più la grande potenza che é”. Aveva 90 anni. 56 passati al fianco della sua amata Clementine, alla quale scriveva bigliettini d’amore fino a tarda età. Due anni prima di morire scriveva così alla moglie in occasione del suo 78° compleanno:

My darling one, This is only to give you my foundest love and kisses a hundred times repeated. I am a pretty dull and paltry scribbler; but my stick as it writes carriers my heart along with it. Your ever & always  W

(che tradotto suona più o meno così)

Mia cara, questo è solo per darvi il mio amore più ardente e baci cento volte ripetuti. Io sono uno scribacchino piuttosto noioso e misero; ma la mia penna mentre scrive trascina con sé il mio cuore. Il tuo per sempre W

Amava tantissimo scrivere la sera, dopo aver sorseggiato champagne. Era un appassionato di storia. Dopo aver scritto opere di carattere storico vinse un premio Nobel per la Letteratura nel 1953. Fu ufficiale dell’esercito inglese. Sì, fu anche un brillante politico, per una sessantina di anni,  ma sarebbe riduttivo catalogarlo solo come tale. Nella sua storia attraversò numerose sconfitte. Soprattutto quelle elettorali.  Fine umorista ed ebbe a dire quasi prendendo spunto dalla propria esperienza “Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo“. Sconfitte elettorali anche inaspettate e dolorose, proprio come quella dopo la fine della seconda guerra mondiale. Guerra in cui lui prese per mano l’Inghilterra azzannata terribilmente dal nemico sulle spiagge di Dunkerque e la portò alla resurrezione e alla vittoria. Attraversò quegli anni tragici ponendosi come unico punto di riferimento. Scegliendo la schiettezza di un linguaggio duro, onesto e con la lungimiranza che lo ha sempre contraddistinto ha ricompattato il popolo inglese ferito e lo rese più forte. La sua statura politica trovò la sua espressione più apprezzata nell’ attuazione di alcune riforme sociali come il salario minimo, le otto ore di lavoro, gli aiuti ai disoccupati.

Vide nel comunismo una giusta suddivisione della miseria, come vedeva nel capitalismo una ingiusta suddivisione della ricchezza. Winston Churchill fu una figura leggendaria per il suo periodo. Il più grande figlio che l’Inghilterra ebbe, e che, per riconoscenza parecchie persone che naquero negli anni della sua carica ne portarono il nome. Ad esempio un certo John Winston Lennon nato nell’ ottobre del 1940. Quando nel 1964 il leggendario condottiero si congedava per sempre dalla vita pubblica il giovane John Winston Lennon con il suo gruppo musicale (Beatles) centrò il primo successo planetario con I want to hold your hand, ma questa è un’altra storia.

Ettore Poggi

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La conversione di Paolo

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Secondo la tradizione liturgica cristiana della Chiesa cattolica, oggi si commemora l’evento della conversione di Paolo. Il fatto è tra i più celebri e i più misteriosi della storia della Chiesa: Saulo o Paolo di Tarso fu un esattore delle tasse nonché acerrimo nemico dei cristiani e loro persecutore. Un giorno, durante un suo viaggio a Damasco, lungo il tragitto, Paolo cadde (secondo alcuni come il pittore Caravaggio la caduta avvenne da cavallo e in tal modo egli lo dipinse) a terra. Frastornato dalla caduta, una luce intensa e abbagliante avvolse Paolo, impedendogli la vista; Dio domandò a Paolo perché questi perseguitasse i cristiani, invitandolo ad alzarsi e ad entrare in città. Paolo rimase tre giorni e tre notti senza vedere e senza mangiare. Paolo rinacque come uomo di Dio.

Nel primo periodo successivo alla morte di Gesù Cristo, ci attestiamo quindi nel I sec d.C., durante gli anni in cui visse Paolo, non vi era una visione unitaria del cristianesimo. Gli stessi apostoli e seguaci di Cristo avevano idee e opinioni differenti e spesso discordanti su come si dovesse procedere, soprattutto su come dovesse essere “portata” al mondo la parola di Dio.

Fu proprio Paolo di Tarso, miscredente prima e primo seguace poi a consegnare alla Chiesa quella che fu la base del cristianesimo e della fede cristiana. Secondo visioni interpretative ostili alla Chiesa cristiana Paolo creò il cristianesimo, che oggi noi conosciamo. Ritengo che, invece, Paolo fu la persona che seppe meglio interpretare la parola di Gesù e, attraverso le sue lettere, diffonderla ai popoli del mondo allora conosciuto. L’importanza che riveste questo personaggio nella storia della Chiesa è fondamentale: la visione della salvezza ultraterrena, della fede in Cristo e dell’amore come base fondamentale della vita cristiana sono i tre concetti diffusi da Paolo che oggi rappresentano la base della fede cristiana. Nonostante la sua figura possa essere oscurata da quella di Pietro, nominato da Gesù suo successore, nonché base, o meglio pietra, della sua Chiesa, fu Paolo il motore del primo cristianesimo. Le sue lettere ai popoli della terra continuano tutt’oggi ad essere lette durante le celebrazioni liturgiche perché a distanza di duemila anni rappresentano ancora quella strada all’interno della quale le persone si possono convertire.

Roberto Rossetti

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Paolo Borsellino, un eroe semplice

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Esistono due storie di Paolo Borsellino.

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940. Magistrato impegnato in prima linea nella lotta alla mafia, perisce insieme agli agenti di scorta Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddi Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Fabio Li Muli nell’attentato dinamitardo avvenuto in via Mariano d’Amelio il 19 luglio 1992, per mano dell’organizzazione criminale Cosa nostra. Il fine ultimo del suo impegno umano e professionale si può riassumere nell’opera di repressione del sistema mafioso accompagnata ad iniziative di sensibilizzazione, partecipazione, condivisione dell’operato dei giudici con l’opinione pubblica italiana. Lo scopo di queste azioni combinate doveva liberare la società da condizionamenti e complicità con il sistema mafioso, per permetterle di sentire quella che Borsellino definiva la “bellezza del fresco profumo di libertà”. Compagno di questa avventura umana e lavorativa, nonché suo amico fraterno, fu il giudice Giovanni Falcone, anch’egli siciliano, anch’egli determinato a liberare la società dalla mafia, anch’egli assassinato in un attentato dinamitardo insieme alla moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonino Montinaro, Rocco di Cillo e Vito Schifani sull’autostrada A29 Trapani-Palermo all’altezza dello svincolo per Capaci. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono considerati tutt’oggi eroi nazionali.

Questa sopra descritta è la storia umana di Paolo Borsellino.

Questa che segue è la storia sovrumana di Paolo Borsellino.

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 luglio 1992 nelle coscienze di tutti i cittadini che si riconoscono dalla parte dello Stato, della Legge e della Giustizia. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone vengono assurti a simboli dell’antimafia o, a livello più generale, a simboli della legalità. Morire per lo Stato, morire per ottemperare fino in fondo al proprio dovere, morire perché perfettamente consapevoli dell’estrema fine a cui andavano incontro è servito a risvegliare le coscienze di tutte le persone di buona volontà, che hanno scelto la legalità. Prima di Falcone e Borsellino non solo non si conosceva l’esistenza della mafia, ma non si era nemmeno in grado di scegliere perché non vi era, in Sicilia, una valida alternativa alla mafia che potesse garantire una speranza per i cittadini. Falcone e Borsellino questa speranza l’hanno data e l’hanno pagata con la propria vita.

La tesi che ho deciso di scrivere su Paolo Borsellino è stato il mio ringraziamento al magistrato per questa libertà e speranza di cui anche io godo oggi. Il titolo della tesi è venuto da se inglobando le parole Paolo Borsellino, eroe e semplice.  Paolo Borsellino, un eroe semplice sarà anche il titolo con il quale uscirà il mio libro che incorporerà la mia tesi universitaria. Paolo vive.

Roberto

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Rivolta del ghetto di Varsavia

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Erano le 6 del mattino del 18 gennaio 1943 quando una colonna tedesca entrò nel ghetto di Varsavia con l’obiettivo di rastrellare chi vi risiedeva. L’azione consisteva nel accerchiare gli edifici ed intimare l’uscita degli abitanti. Nei mesi precedenti alcuni movimenti giovanili che animati dai sentimenti della resistenza, anche armata se necessario, fondarono un gruppo di ispirazione socialista chiamato Zob (Organizzazione ebraica di combattimento). Il giovane ebreo polacco Mordechaj Anielewicz assunse il comando del gruppo. Quella notte la Zob fu presa di sorpresa dai tedeschi, non ci fu modo di pianificare una reazione. Il piano tedesco consisteva nel ridurre la popolazione del ghetto attraverso il trasferimento ad est di 8.000 operai ebrei, destinati ai campi di sterminio, e altri 16.000, destinati alla fabbrica di munizioni di Lublino. L’operazione fu condotta rapidamente. Le persone selezionate furono incolonnate e condotte fuori del ghetto. Percorsero la via Kiska in direzione della Umsclagplatz dove ci sarebbe stato il convoglio ferroviario ad attenderli. In quegli attimi Anielewicz organizzò un azione disperata con una dozzina di uomini armati di pistola. Essi si infiltrarono nella colonna in movimento. Un cenno deciso e ogni militante aprì il fuoco contro il tedesco più vicino. Nel frattempo un altro componente del gruppo Zuckermann distrasse un gruppo di tedeschi deviandoli in un appartamento riuscendo a ferirne alcuni. L’attacco firmato Zob fu una sorpresa, erano riusciti a cogliere impreparati i tedeschi per la prima volta. Fu la prima volta che un gruppo resistente apriva il fuoco contro i nazisti nel ghetto. Diversi tedeschi rimasero vittime di quell’operazione. Gli uomini in colonna riuscirono a disperdersi nel marasma. Pochi attimi dopo i tedeschi superiori come numero di uomini e di armi si riappropriarono del loro ruolo in quelle zone. Fu indubbiamente un’azione coraggiosa e pazza della Zob, sfidò la razionalità. Il risultato politico che possiamo trarne fu la consapevolezza tra le fila ebreo polacche che era possibile battersi contro il nemico più forte. I giovani polacchi erano pronti a tutto e questa esperienza preparò la strada per la ribellione che avvenne un paio di mesi più tardi.

Ettore Poggi

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Arrivedorci Ollio

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Il 18 gennaio 1892 nasce ad Harlem, in Georgia, Oliver Norvell Hardy. Soprannominato “Babe” dagli amici, Oliver lega indissolubilmente la sua vita di attore a quella dell’amico e collega Stan Laurel. La coppia comica più famosa del cinema hollywoodiano produce insieme 89 film, di cui 30 cortometraggi muti e 43 cortometraggi sonori. La loro comicità genuina, basata su semplici gag ricavate da situazioni paradossali della vita quotidiana, li rende famosi e apprezzati in tutto il mondo. In Italia è un giovanissimo attore, Alberto Sordi, che presta la voce a Oliver. Nonostante gli anni trenta e quaranta del Novecento vedano alla ribalta della comica attori del calibro di Charlie Chaplin e Buster Keaton, Stanlio e Ollio riescono a ritagliarsi un ruolo di primo piano sia nei film cosiddetti muti e poi in quelli con il sonoro. Geniali nell’utilizzo della mimica, la coppia cerca il coinvolgimento del pubblico sfruttando un espediente cinematografico, il “camera-look” che consiste nel guardare direttamente la camera per coinvolgere lo spettatore, facendo in modo che questi si immedesimi nella situazione dell’attore: indimenticabili le espressioni perplesse di Ollio quando Stanlio ne combina una delle sue. La coppia continua a lavorare insieme fino agli inizi degli anni cinquanta quando seri problemi di cuore fermano Oliver, il quale scompare il 7 agosto del 1957 a seguito di un ictus. Tutt’oggi, a distanza di sessant’anni, i film di Stanlio e Ollio continuano ad essere trasmessi e amati in tutto il mondo.

Non si può non chiudere con una delle battute più famose di Ollio:

“Arrivedorci!”

Roberto

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