Comprereste un’auto usata da Richard Nixon?

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Richard Milhous Nixon nacque il 9 gennaio 1913 a Yorba Linda in California. Secondo di cinque figli di Frank Nixon e della moglie Hannah Milhous. La sua famiglia di origine non era per niente agiata, ma era animata da un senso ferreo di religiosità. Due dei suoi fratelli morirono in gioventù di malattia. Per questa somma di motivi la vita di Dick (il soprannome che ebbe in famiglia) fu sempre di rincorsa, di partenze e ripartenze in salita per raggiungere i propri obiettivi. Fu uno studente brillante, ma ciò non lo esimette dal raccogliere la sua prima sconfitta elettorale quando si presentò come candidato a presidente del corpo studentesco. Tuttavia si laureò in legge e non senza contrattempi di ordine burocratico si dedicò alla avvocatura. Prestò il servizio militare in Marina e raggiunse il grado di tenente durante la seconda guerra mondiale pur senza prendere parte direttamente ai combattimenti. Dopo la guerra entrò attivamente in politica schierandosi nel partito repubblicano. Nel 1946 fu eletto alla Camera dei Rappresentanti battendo la candidata Helen Gahagan Douglas che nell’ occasione lo soprannominò Tricky Dicky (Dick l’infingardo) soprannome che lo accompagnò tutta la vita e che stava a sottolineare l’ambiguità di Nixon. La sua preparazione politica e il suo talento oratorio lo portò presto ad imporsi come uno dei giovani politici più interessanti del panorama politico americano e soprattutto del partito. Nel 1952 fu candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti con Dwight Eisenhower. Fu un vicepresidente giovane con i suoi 39 anni e si mise in luce per incaricari particolari che evidenziarono la sua dote oratoria e un rilievo internazionale lo ottenne dal famoso “dibattito in cucina” all’ esposizione internazionale di Mosca nel 1959 dove non mancò di rimarcare le grandi innovazioni americane nel campo tecnologico. Poi dal 1960 iniziò una serie di sconfitte prima di tutte quella alle presidenziali del 1960 contro John Kennedy. Fu il primo scontro elettorale televisivo e fu bruciante per lui, tant’è che pronunciò la seguente frase “gli americani vedono in Kennedy quello che vogliono essere e vedono in me quello che realmente sono”. Curioso fu il wall che affisse il partito democratico per sottolineare la scarsa fiducia che sprigionava Nixon “comprereste un’ auto usata da quest’ uomo?”. Poi nel 1962 si presentò alle elezioni per diventare il governatore del suo stato, la California e perse. Un’altra frase che espresse il suo rancore e il suo senso di inferiorità che affiorò nei primi anni degli anni 60 fu riservata ai media che lo stavano sottostimando “d’ora in poi non avrete più un Richard Nixon da prendere a calci, questa è la mia ultima conferenza stampa” e tornò alla sua attività di avvocato. Un elemento curioso che a posteriori fece effetto si registrò in Texas nel novembre 1963 quando Kennedy arrivò (dove morì poche ore dopo), Nixon stava partendo dopo un incontro di lavoro. A posteriori quasi un presagio di una staffetta alla Casa Bianca posticipata, che avvenne poi nel 1968 quando Johnson rinunciò a candidarsi dopo le violente polemiche sulla guerra in Vietnam e il destino volle togliere dalla corsa alla Casa Bianca Robert Kennedy. Nixon vinse facile nel 1968 promettendo una “pace onorevole” in Vietnam e puntando su un elettorato silenzioso di composizione conservatrice poco incline ai movimenti giovani hippy con cui ebbe poi dei contrasti. La presidenza Nixon fu costellata di avvenimenti importanti come la spedizione dell’ apollo 11 sulla luna nel 1969. Ebbe un ruolo dietro le quinte del golpe cileno del 1973 di Pinochet. Nel 1971 fu il protagonista dell’ abbandono degli accordi di Bretton Woods dove si abolirono i cambi fissi. Fu introdotto lo stanziamento di fondi per la cura del cancro. Fu il fautore della normalizzazione dei rapporti con la Cina. Promosse una nuova politica ambientale. Un altro elemento epocale fu dato dall’ introduzione del sistema delle assicurazioni sanitarie. Poi venne lo scandalo del Watergate nel 1972 e quindi le dimissioni nel 1974. E’ stato l’unico presidente degli Stati Uniti costretto a dimettersi. Nixon aveva ottenuto un tale potere che ne abusò e ciò lo portò a commettere degli errori e ad agire con spregiudicatezza. Il Watergate era un edificio che ospitava il quartier generale del partito democratico nella campagna elettorale del 1972. Furono arrestati alcuni uomini per essersi intrufolati illegalmente nell’ edificio, le indagini appurarono che non si trattava di un furto di terz’ordine come volle far credere il portavoce della casa bianca. Si trattava invece di un operazione che coinvolgeva tutti i collaboratori di Nixon nella scala gerarchica. Un’ operazione che mirava ad indebolire e ostacolare il partito democratico. Dopo questo amaro abbandono della vita politica passò l’ultima parte della sua vita ad occuparsi della biblioteca che porta il suo nome.

Ettore Poggi

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La First Lady del mondo: Eleanor Roosevelt

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Proveniente da un ricca famiglia della borghesia newyorkese, nipote del ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti Theodor Roosevelt, Eleanor era soprannominata in famiglia “il brutto anatroccolo”, a causa del suo aspetto fisico poco aggraziato.
Conobbe Franklin ad una festa di Natale in famiglia: i due cominciarono a frequentarsi dal 1902, e si sposarono il 17 marzo 1905.
Il matrimonio tra i due non fu felice, soprattutto a causa dell’invadenza della suocera di Eleanor, contraria a quella unione, e ai numerosi tradimenti compiuti dai due coniugi. Malgrado questo, Eleanor sostenne per tutta la vita la carriera del marito e la sua ascesa politica. Sia durante i difficili anni del New Deal, sia nelle prese di posizione durante la II guerra mondiale, non solo la first lady fu accanto al presidente, ma diede spesso il proprio personale contributo nelle decisioni da prendere e nelle strategie attuate.
Eleanor fu particolarmente attenta a cause quali i diritti civili e i diritti degli afroamericani. Spesso si trovava a dover sostituire il marito, malato di poliomielite e paralizzato alle gambe, in visite ufficiali e in particolar modo al fronte, dove supportava moralmente le truppe e le attività della Croce Rossa. Divenne “le gambe e le orecchie” del presidente.
Dopo la morte di Franklin nel 1945, Eleanor non si ritirò a vita privata: il successore alla Casa Bianca, Truman, scelse lei come rappresentante degli Stati Uniti alla conferenza per i Diritti Umani presso la Commissione delle Nazioni Unite. La Roosevelt occupò questa posizione fino al 1952, e si guadagnò l’epiteto di “First Lady of the World”.
Dopo la seconda guerra mondiale, ricoprì un ruolo cruciale per la stesura e l’approvazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, da lei definita nel famoso discorso del 28 settembre 1948 la “Magna Charta di tutta l’umanità”.
Ancora, Eleanor fu scelta da John F. Kennedy negli anni ’60 per presiedere la Commissione presidenziale sulla condizione delle donne.
Eleanor Roosevelt è tutt’oggi un personaggio venerato negli Stati Uniti e molte first ladies che l’hanno succeduta hanno dichiarato di ispirarsi alla sua figura; di certo Eleanor rifiutò il tradizionale ruolo di semplice “padrona di casa” e intraprese per la prima volta iniziative politiche e sociali di grande rilievo e con successo. Di certo Eleanor non verrà ricordata soltanto per essere stata la moglie di un presidente.

Maria

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Dante: un Purgatorio tra Angeli e Demoni

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Da sempre, il Purgatorio ha attratto per il suo stato di regno intermedio: è al suo interno che ci si “gioca” l’accesso al Paradiso. Nato da un paradosso, inventato cioè da due teologi greci, Clemente Alessandrino e Origene, il Purgatorio fu riportato nel solco della tradizione cristiana da due colossi del cristianesimo, Agostino e Gregorio Magno. Fino all’anno mille, non si concepì mai il purgatorio come sostantivo (Purgatorio), ma come aggettivo (è Purgatorio): esso fu considerato come un fuoco di tipo purgatorio, che purgava e ripuliva le anime permettendo ad esse di ascendere al Paradiso, o addirittura se la loro colpa era talmente grave, di precipitare all’inferno. I luoghi erano sempre e solo due: Paradiso e Inferno. Questa dualità era il modo di pensare comune della società medievale, secondo cui tutto era duale: bene e male, servi e padroni, papa e imperatore, vita e morte, paradiso e inferno. Nel passaggio da basso ad alto Medioevo, la società si evolve verso forme di pensiero non più duali, ma ternarie: nascono all’interno della società i terzi ordini (c’è chi prega, c’è chi combatte e c’è chi lavora). Se il mondo feudale aveva visto una rigida contrapposizione tra servi e padroni, tra signori e vassalli, ora nasce un terzo ceto, quello borghese, che si insedia nelle città; non solo, in campo ecclesiastico scendono in campo i terzi ordini, non più solo preti secolari e monaci, ma anche i frati Mendicanti. Si evolve così, di conseguenza anche la visione dell’aldilà: Paradiso, Inferno e loci purgatori. Ci si indirizza verso la credenza secondo cui le anime, che non essendo così buone da essersi meritate il paradiso, ma neanche così cattive da cadere nell’inferno, devono esser purgate in qualche luogo, si ma dove? Il Purgatorio viene pensato sempre di più come un’estensione dell’inferno, come un piano superiore degli inferni. Fu Dante a strappare il Purgatorio dalle grinfie di Satana per ricondurlo verso il Paradiso. Il poeta toscano ci presentò il Purgatorio come un luogo reale, determinato, evidente, rappresentato da una montagna circolare composta da sette strati, regioni e regni in cui le anime purgano i sette peccati capitali. La scalata della montagna compiuta da Virgilio e Dante è una ascesa verso il Paradiso, verso Dio: man mano che si raggiunge la sommità l’anima si purga, diventando talmente leggera da poter ascendere al cielo. Nonostante le pene del purgatorio siano talmente dure, da essere quasi infernali, l’anima le sopporta perché guardando in alto vede la luce, vede il volto di Dio. L’anima raggiunge così la sua perfezione, ritrovando quell’elemento di cui era assente in Purgatorio, l’amore. E’ questa la grande invenzione di Dante: se l’inferno è un luogo di dolore, il paradiso è un luogo di amore, il purgatorio è un luogo di speranza non solo per le anime morte nell’aldilà, ma soprattutto per i vivi dell’aldiquà perché essi possono vivere la propria vita senza sentire sempre incombente il peso del peccato e con la consapevolezza di una speranza di salvezza dopo la morte. Come Dante ha potuto pensare tutto questo? Semplicemente, pensando come ha pensato Dio: Gesù morente sulla croce ha ridato la speranza al ladrone crocefisso accanto a lui: “Oggi sarai con me in paradiso”.

Roberto Rossetti

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La mafia non uccide solo d’estate

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Il 6 gennaio 1980 l’organizzazione mafiosa Cosa nostra uccide, a Palermo, il Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. Il politico siciliano, sin dalla gioventù, dedica la propria vita alla politica cercando di risolvere e sanare i problemi presenti in Sicilia. Dopo un trascorso nelle file dell’Azione Cattolica, Piersanti entra nelle file della Democrazia Cristiana, diventandone uno dei maggiori esponenti, condividendo la linea guida fissata da Aldo Moro al partito. L’atteggiamento di uomo politico franco e trasparente gli valgono la nomina prima a consigliere comunale di Palermo e poi,  nel 1967, a deputato all’assemblea regionale siciliana. L’attività che svolge prima come deputato e poi come assessore alla regione lo candidano a futuro presidente, carica che ricopre a partire dal 1978. Uno degli obiettivi principale che Piersanti inserisce nella sua agenda politica di governo della regione è la lotta alla mafia: proposito che esterna praticamente in ogni conferenza e incontro pubblico.  Il finire degli anni Settanta e l’inizio anni Ottanta vedono in seno a Cosa nostra profonde trasformazioni, non solo riguardo all’entrata in scena a Palermo del clan mafioso dei Corleonesi che minano le basi dell’equilibrio creatosi interno all’organizzazione, ma vedono aprirsi la strada a una nuova forma di ingente guadagno illecito, quale il traffico di droga: non a caso la Sicilia ne diventerà uno dei maggiori centri di lavorazione e raffinamento a livello europeo. L’omicidio di Piersanti Mattarella si inserisce quindi nell’azione condotta da Cosa nostra contro tutti coloro i quali, appartenenti alla politica e alle forze dell’ordine, si contrapponevano in modo netto ad essa.

Questo il ricordo dell’attuale Presidente del Senato, Piero Grasso:

“Piersanti Mattarella stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola”

Roberto Rossetti

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Si accende la televisione

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Domenica 03 gennaio 1954 alle ore 11 venivano trasmesse, per la prima volta, le trasmissioni RAI. Venne inaugurato il Programma Nazionale o Primo Programma, ovvero l’attuale canale Rai 1. Il primo programma dopo la cerimonia inaugurale andò in onda alle 14:30, e fu “Arrivi e Partenze” condotto dall’allora giovanissimo presentatore italo americano Mike Bongiorno.
Le trasmissioni inizialmente duravano poche ore al giorno, e naturalmente non tutti poterono permettersi di acquistare un apparecchio televisivo fin da subito. Il costo di una televisione all’epoca equivaleva fino a cinque volte il reddito medio pro capite annuo, ed era quindi comune, la sera, ritrovarsi a gruppi di persone al bar o a casa di amici per vedere insieme il programma preferito, tra tutti il quiz “Lascia o Raddoppia” nato nel ’55.
Nel 1954 gli abbonati alla TV erano 24 mila persone: questo numero crebbe velocemente, e già nel 1965 erano 6 milioni le persone che disponevano di una televisione in casa.
Che cosa ha rappresentato la televisione per gli italiani in quel periodo? Sicuramente una finestra sul mondo, la prima possibilità di conoscere realtà diverse dalla propria e cose che non si erano neppure mai immaginate. Ma ancora, la televisione ha rappresentato un fenomeno sociale di portata storica, un cambio radicale nelle abitudini degli italiani, tale per cui non è semplice definire se di questi cambiamenti la televisione sia stata causa o effetto.
Si afferma che sia stata la televisione ad aver compiuto la vera unità d’Italia, un secolo dopo l’unità politica, ed almeno a livello linguistico questo è sicuramente vero. Tuttavia, oggi, rimane il dubbio che la televisione, così come gli altri innumerevoli strumenti a nostra disposizione per la comunicazione e la connessione, abbiano invece contribuito nella società contemporanea all’isolamento delle persone e al fenomeno dell’individualismo.

Maria

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