Il massacro di Monaco 1972

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5 settembre 1972, Monaco di Baviera, Villaggio Olimpico. Alle 4.30 un commando palestinese si avvicinò alla recinzione del villaggio olimpico. Il commando era composto da Luttif Afif, leader del gruppo e negoziatore. Gli fu affibiato il soprannome di “‘Isa” e divenne famoso per le immagini in TV che lo ritraevano col volto ricoperto di lucido per scarpe, occhiali da sole e un vistoso cappellino bianco. Nativo di  Nazaret da madre ebrea e da padre palestinese di religione cristiana. Laureato a Berlino, aveva lavorato come ingegnere alla costruzione del villaggio olimpico di Monaco. Yusuf Nazzal, conosciuto con l’appellativo di “Tony”, identificabile nelle foto e nelle riprese per il cappello da cowboy. Aveva lavorato come cuoco al villaggio durante la costruzione del medesimo. Afif Ahmad Hamid, conosciuto come “Paolo”. Khalid Jawad, conosciuto come “Salah”. Ahmad Shiq Taha, conosciuto come “Abu Halla”. Mohammed Safadi, conosciuto come “Badran”. Adnan al-Gashei, conosciuto come “Denawi”. Jamal al-Gashei,  conosciuto come “Samir”. Questo gruppo terroristico portava il nome di “Settembre Nero”. Alla testa di questo movimento c’era Abu Dawud. Giorni prima avevano fatto arrivare le armi in alcune borse via aereo. In cinque valigie erano contenuti sei fucili d’assalto Kalashnikov, due pistole mitragliatrici e vari caricatori e nei giorni seguenti altri due fucili mitragliatori Kalashnikov e alcune bombe a mano. La sicurezza evidentemente non fu affatto efficaci, si disse che già all’ aeroporto avessero controllato solo la prima borsa contentente biancheria intima femminile. In quel momento spuntò dalla strada un gruppo di atleti americani che avevano trascorso la notte nei locali di Monaco. Credendo di trovarsi di fronte ad altri atleti, gli americani aiutarono i terroristi a scavalcare la recinzione con le borse contenenti le armi. I terroristi fecero irruzione nell’ appartamento che ospitava gli atleti israeliani. Nell’ atto di forzare la porta di ingresso uccisero due israeliani  Moshe Weinberg, allenatore, e Yossef Romano, specializzato nel sollevamento pesi. Successivamente sequestrarono altri nove atleti. Alle ore 4.47 una donna delle pulizie, appena arrivata sul posto di lavoro, udendo gli spari chiamò subito la polizia. Ad un primo esame della situazione non ci fu dialogo con i terroristi che per spiegare le proprie intenzioni gettarono in strada il corpo di Moshe Weinberg. Alle 5.08 l’ intento dell’ azione terroristica fu chiara: due fogli di carta furono gettati dal balcone del primo piano e raccolti da un poliziotto tedesco. Ciò che si richiedeva era la liberazione di 234 detenuti nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion Andreas Baader e Ulrike Meinhof, detenuti in Germania. L’ordine avrebbe dovuto essere eseguito entro le 9.00 del mattino. In caso contrario, Issa, colui che si propose come negoziatore, minacciò che ad ogni ora passata in vano sarebbe stato ucciso un ostaggio e che i cadaveri sarebbero stati gettati per strada. Alle 8.15 la gara di equitazione in programma ai Giochi olimpici si svolse regolarmente. Il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Avery Brundage informato dell’ accaduto decise che le Olimpiadi non si sarebbero fermate. Nel frattempo erano partite le trattative. L’ultimatum dei  terroristi subì delle variazioni di ora in ora fino alle 17.00 . Le televisioni avevano avuto tutto il tempo di puntare le loro telecamere sul numero 31 di Connolystrasse. L’eco mediatica fu enorme. L’ultima richiesta fu un trasporto aereo diretto per il Cairo per continuare le trattative. Alle ore 21.00 fu posto un ulteriore ultimatum che venne rispettato: due elicotteri atterrarono nei pressi dell’ edificio nel villaggio olimpico e trasportarono i terroristi e gli ostaggi all’ aeroporto di Fürstenfeldbruck. L’unità di crisi tedesca aveva nel frattempo organizzato una spedizione di una squadra della polizia, abbastanza improvvisata e con poca decisione sul da farsi. Atterrati all’ aeroporto Issa e Tony si premurarono di perlustrare l’aereo, non fidandosi. Lo trovarono vuoto. Scapparono e un agente aprì il fuoco. Ci fu un confuso conflitto a fuoco che durò un ora. Fu ucciso un agente tedesco. Non trovando scampo, Issa sparò ai suoi prigionieri e lanciò una  bomba a mano nell’ elicottero. Gli ostaggi morirono. Issa si diede poi alla fuga ma venne raggiunto mortalmente dai colpi degli agenti tedeschi. Le dinamiche relative al secondo elicottero sono ancora da chiarire, ma anche li gli ostaggi vennero assassinati.  Nella fuga gli ultimi quattro terroristi rimasti vivi vennero arrestati. Alla 1.30 tutto era finito. Tempo dopo Golda Meir con il Mossad attuarono una lunga vendetta che portò all’ individuazione di tutti i responsabili palestinesi, secondo il Mossad, e alla loro relativa eliminazione in gran parte dell’ Europa.

Ettore Poggi

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Mitis Iudex Dominus Iesus: La riforma di Francesco

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Con la lettera apostolica Mitis Iudex Dominus Iesus  rilasciata in forma di “Motu Proprio” Papa Francesco applica la riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico. Tale riforma, secondo quanto riportato nella premessa iniziale, è stata suggerita e sollecitata dalle esigenze del mondo secolare e dalla necessità della Chiesa di essere presente nel mondo e di rappresentare ancora una via sicura per le anime dei fedeli. La riforma prosegue nel solco tracciato dagli insegnamenti di Paolo VI, il quale durante il suo pontificato con forza si pronunciò sulla cura e salvezza delle anime secondo il “disegno divino della Trinità, per cui tutte le sue istituzioni devono tendere al fine di comunicare la grazia divina e favorire il bene dei fedeli”. Con tale riforma Francesco intende favorire non la nullità dei matrimoni, come erroneamente si è letto in diversi articoli pubblicati sull’argomento, ma la celerità e la semplicità dei processi affinché “il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”. Il ruolo del vescovo è centrale in questa riforma: egli sarà giudice “affinché sia tradotto finalmente in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II in cui si è stabilito di rendere evidente che il vescovo stesso nella sua Chiesa è pastore e capo e giudice tra i fedeli”. Inoltre, egli dovrà accompagnare i coniugi non solo durante il processo nel ruolo di giudice, ma anche nel percorso successivo della loro vita nel ruolo di pastore e confessore. Tra le circostanze che possono consentire la causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo breve vi sono: mancanza di fede, la brevità della vita coniugale, l’aborto, la relazione extraconiugale, l’occultamento della sterilità o di una grave malattia, la violenza fisica inferta per estorcere consenso. Si è portati a dubitare della capacità della Chiesa di essere “presente nel mondo”, di essere legata a concetti o dogmi  antichi e oramai superati, di non comprendere i fedeli, di non essere al passo con la modernità, quando non ci si accorge della sua capacità di vivere nel mondo. Vivere non vuol dire per forza accettare ed adeguare, vuol dire comprendere  e confrontarsi con se stessa, la propria tradizione, il proprio credo e tracciare il cammino dei fedeli.

Francesco ha scelto un pontificato “orizzontale”, da condividere con i fedeli, per comprendere con essi quale sia il percorso che Dio ha riservato per la Chiesa, con un’unica grande certezza, la fede.

Roberto

 

 

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1870 – 1943: quando la storia d’Italia passa per l’8 settembre

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L’8 settembre 1870 il generale del Regno d’Italia Raffaele Cadorna, al comando di un corpo d’armata, si attestò alla periferia di Roma; il comandante in capo consegnò al rappresentante vaticano una lettera indirizzata al romano potenfice Pio IX. Nella missiva il Re d’Italia, Vittorio Emanuele II,  annunciava al papa l’imminente ingresso dell’esercito regio nella città romana. Era l’atto conclusivo del processo di unificazione italiana: Roma, la città santa, sarebbe diventata italiana il 20 settembre 1870. Il Regno d’Italia ne avrebbe fatto la sua capitale. L’8 settembre 1943 alle ore 19:42 il generale dell’esercito italiano Pietro Badoglio annunciava, con un messaggio radiofonico, la resa incondizionata all’alleato americano. Era, anche questo, l’ultimo atto di una guerra condotta a fianco dell’ex alleato tedesco; era l’inzio della fine del Regno d’Italia. In 73 anni di storia l’Italia passò dall’unificazione del suo territorio ottenuta grazie all’ardore del suo condottiero, Giuseppe Garibaldi, all’umiliazione e alla distruzione della seconda guerra mondiale.

L’8 settembre 1943 l’Italia non sottomise solamente la propria sovranità al nuovo alleato americano, ma consegnò parte dei propri territori al nuovo nemico tedesco il quale, prima di battere in una lenta ritirata, depredò, uccise e distrusse tutto ciò che incontrò sul suo cammino. Gli americani al sud, i tedeschi al nord, Roma città aperta: l’Italia come nazione non esisteva più. Essa dimostrò tutta la propria debolezza di giovane stato: una casa regia in fuga, un dittatore spodestato, un esercito allo sbando, una popolazione abbandonata a se stessa.

“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza”.  Pietro Badoglio, 8 settembre 1943

Ancora una volta, come accade quasi sempre nel corso della storia, le ripercussioni della guerra e  il peso della successiva ricostruzione passarono attraverso il sacrificio dei cittadini italiani. W l’Italia.

Roberto

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Uno spirito forte, un cuore tenero: Sophie Scholl

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E’ un luogo comune abbastanza diffuso credere che durante gli anni del nazismo in Germania nessuno fosse consapevole delle ingiustizie che il regime stava compiendo. Questo luogo comune è ovviamente sbagliato, poiché è risaputo che furono numerosi i gruppi di resistenza passiva alla dittatura. Uno di questi gruppi era quello della “Rosa Bianca”, composto da giovani studenti dell’università di Monaco.
Sophie Scholl, una giovane donna tedesca avversa all’ideologia nazista, aderì insieme al fratello maggiore Hans alla “Rosa Bianca”. Si occupò di preparare e di diffondere volantini che incitavano alla resistenza non violenta nei confronti del Reich.
Il 18 febbario 1943 Sophie fu vista da un bidello nazista mentre distribuiva i depliants all’università di Monaco, ed insieme al fratello Hans fu fatta arrestare. Seguirono quattro giorni di durissimo interrogatorio da parte della Gestapo, alla fine dei quali la giovane donna fu accusata di tradimento.
Il 22 febbraio 1943 Sophie ed i suoi compagni parteciparono ad un processo farsa e furono condannati a morte mediante decapitazione. L’esecuzione ebbe luogo il giorno stesso.
Sophie fu una giovane donna molto coraggiosa. Durante l’interrogatorio dichiarò senza remore le proprie responsabilità. Di fronte alle accuse di tradimento per aver disobbedito alle leggi naziste, dichiarò:
“Le leggi cambiano, la coscienza resta”.

Maria 

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