La vergogna di My Lai

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16 marzo 1968. Vietnam. La Compagnia Charlie, del 1° Battaglione, 11a Brigata, 23a divisione di Fanteria Leggera, conosciuta come Americal Division agli ordini del tenente William Calley entrava in una delle quatto frazioni del villaggio vietnamita di Son MyQuella missione era denominata Search and Destroy, cerca e distruggi. La frazione che fece da scenario di questa vicenda era My Lai situata a 840 km a nord di Saigon. Il motivo principale per cui il tenente Calley e i suoi uomini entrarono nel villaggio di My Lai fu quello di vendicare un attacco vietcong precedente, una rappresaglia. Quel mattino, però, a My Lai non ci fu nessun vietcong, solo vecchi, donne e bambini. I soldati americani massacrarono chiunque gli si parasse davanti, animali compresi. Violentarono le donne e le ammazzarono, anche quelle incinte. I pochissimi superstiti raccontarono che ad una donna incinta fu aperto il ventre, strappato il feto e lanciato in una sterpaglia. Spararono ai bambini alle madri e ai loro nonni. Lanciarono bombe a mano nelle capanne, dettero fuoco alle case e uccisero il bestiame li attorno. Una furia spietata fermata soltanto dall’ arrivo di un elicottero dell’ esercito Usa in ricognizione, che atterrò e si frappose tra i militari Usa e gli ultimi superstiti del villaggio vietnamita. Il pilota sottufficiale Hugh Thompson Jr., affrontò i capi delle truppe americane e minacciò che avrebbe aperto il fuoco su di loro se non si fossero fermati. Anche gli altri due membri dell’equipaggio dell’elicottero – Lawrence Colburn e Glenn Andreotta – puntarono le loro armi pesanti contro i commilitoni che si resero autori del massacro. Il report ufficiale parlò di 90 vietcong assassinati e zero civili. Ma la verità venne faticosamente a galla: le vittime furono circa 347 civili. Il reporter Seymour Hersh portò il massacro alla conoscenza del grande pubblico nel 1969. Un certo Colin Powell, allora giovane maggiore, venne incaricato di fare luce sulla vicenda, ma dal suo lavoro ne venne fuori una candeggiatura delle notizie e una minimizzazione dei fatti. Venne imbastito un processo nel quale solo il tenente William Calley fu dichiarato colpevole. Il suo superiore Ernest Medina da cui Calley disse di aver preso ordini fu prosciolto. Calley fu il solo condannato, e per lui ci fu la pena dell’ ergastolo tramite lavori forzati. Alcuni giorni dopo il presidente Nixon, con “infinita clemenza”, ordinò il suo rilascio dalla prigione. Calley scontò solo 3 anni e mezzo di domiciliari. Venne così chiusa ufficialmente una vergognosa vicenda di guerra, che ancora oggi su più livelli ci fa sentire tanta puzza di bruciato.

Ettore Poggi

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Educare al rispetto della donna

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L’incendio della fabbrica Triangle avvenuto il 25 marzo del 1911 a New York è senza dubbio uno dei motivi per cui oggi abbiamo la festa della donna. In quell’ incendio morirono 146 persone in maggioranza donne giovani e immigrate anche di origine italiana. Ma l’origine della festa della donna venne anche fatta risalire alla richiesta del diritto di voto alle donne fatta dal partito socialista americano nel 1909. Quindi si parla di un riconoscimento del ruolo attivo, pubblico, della donna nella società.  L’ 8 marzo del 1917 alcune donne di San Pietroburgo manifestarono per chiedere la fine della Guerra. Tornando ai fatti di New York le donne che lavoravano nella fabbrica e che rimasero vittime dell’ incendio erano vittime anche di condizioni lavorative infami. E la tragica beffa di quel giorno fu che la scala anti-incendio cedette lasciando a quelle poverette la scelta orribile di morire precipitando dal terzo piano oppure bruciate nel rogo che stava divampando. Quella tragedia come molte altre che nella storia sono passate più o meno silenziosamente portano con sé riflessioni e indignazione. Ricordarle non cancella il dolore e non alleggerisce responsabilità, ma può gettare una luce per tutte le donne che sono ancora oggi vittime di violenze e di soprusi. Il rispetto per la donna non può essere imposto da una data, o da un secondo fine del maschio, quanto dovrebbe scivolare tra le azioni quotidiane con la spontaneità di uno sguardo. In molte parti del mondo la donna è oggetto di umiliazioni che spesso lei stessa fatica a riconoscere per retaggi culturali antichi. Ma più vicino a noi, tra le mura delle nostre città dove noi abbiamo la presunzione di aver raggiunto un maggiore grado evolutivo, ecco che troppo spesso troviamo la vergogna in gesti macabri e abominevoli contro le donne. Le parole e gli slogan con cui ci riempiamo la bocca per strappare un applauso, generare un’adulazione dovrebbero avere come immediata conseguenza uno scatto di mentalità. Questo passo può avvenire con l’educazione. Essere educati ed educare alla riconoscenza dell’ importanza del ruolo femminile nella società. Il valore di una persona si misura da cosa produce e da come lo produce, non certo da una differenza di genere. Il rispetto per l’individuo è la base su cui si fonda ogni attività umana. L’amore non preceduto dal rispetto non è amore ma senso del possesso. Rispetto è libertà e riconoscere l’altro come fonte di conoscenza e ricchezza umana. Questa educazione va praticata ogni giorno, ad ogni incontro, e sicuramente staremmo tutti un pò meglio.

Ettore Poggi

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Il complicato esordio di Abramo Lincoln

Lincoln

Washington 4 marzo 1861. E’ il giorno dell’insediamento di Abraham Lincoln come sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’ America. E’ un giorno permeato da un’ atmosfera cupa, si respirava tensione. Nei mesi precedenti all’elezione, uno dopo l’altro, diversi stati del sud si staccarono dall’ Unione per formare la Confederazione degli Stati Uniti del Sud. Gli stati furono inizialmente la Carolina del Sud a cui seguirono il Mississippi, la Florida, L’ Alabama, la Georgia, la Louisiana e il Texas. Le motivazioni di questa decisione furono fatte risalire all’ elezione di Lincoln, alla questione dell’ eventuale abolizione della schiavitù e ad altre di ordine economico. Abraham Lincoln arrivò a Washington sotto la minaccia di eventuali attentati di matrice sudista. Il presidente uscente Buchanan, verso le ore 12, si recò all’ albergo dove alloggiava Lincoln per accompagnarlo nella cerimonia di insediamento che si teneva al Campidoglio. Le cronache del tempo narrano che Lincoln indossasse un vestito nuovo, una camicia bianca, il cilindro in mano impugnando un bastone d’ ebano con il pomo d’oro. Nei pressi del Campidoglio si radunò molta gente. Lincoln appariva nervoso anche perché avrebbe dovuto giurare, verso le ore 13, davanti al presidente della Corte Suprema degli Usa, Roger B. Taney. Quest’ ultimo è ricordato per aver ribadito, in occasione del caso Dred Scott contro Sandford, la considerazione redatta nella Costituzione in merito alla condizione degli afro-americani. Essi erano ritenuti inferiori e non classificabili come cittadini americani. Nel suo discorso Lincoln fu molto equilibrato dal punto di vista politico. La situazione era al limite. Si pose di fronte al popolo americano come il presidente di tutti gli stati americani, anche dei secessionisti del sud. Li invitò a desistere dal separarsi e a non peggiorare le cose imbracciando le armi per iniziare una guerra. Promise di venire in contro alle esigenze degli stati del sud attraverso delle ragionevoli concessioni. Volle far capire di avere come obiettivo principale la permanenza degli stati secessionisti all’ interno dell’ Unione, parafrasando la parabola del figliol prodigo. Rimise quindi nelle mani di questi ultimi le responsabilità di una imminente guerra civile. Concluse il discorso con un invito alla fratellanza e alla benevolenza tra tutti.  Un mese più tardi il 12 aprile 1861 scoppiò la Guerra di Secessione.

Ettore Poggi

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Beppe Fenoglio, L’ Alba della letteratura sulle Langhe

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Il 1° marzo 1922 nacque ad Alba Beppe Fenoglio. Scrittore e traduttore. Figlio di Amilcare, aiutante di un macellaio  e di Margherita Faccenda. Era un bambino molto intelligente e riflessivo. A scuola si rivelò uno studente modello. La sua insegnante Maria Lucia Marchiaro lo avviò allo studio dell’inglese sua grande passione. Negli anni del liceo ebbe anche due insegnanti Pietro Chiodi, professore di filosofia, e Leonardo Cocito, antifascista, docente di italiano che furono per lui un punto di riferimento fondamentale. Dopo il liceo, arrivò per Fenoglio il periodo universitario. Si iscrisse alla facoltà di Lettere ma nel 1943 interruppe gli studi per frequentare il corso da ufficiali. L’ 8 settembre cambiò le carte in tavola anche per lui. Tornò a casa. Iniziò il periodo della lotta partigiana sulle Langhe. Nelle brigate a cui si unì ritrovò i suoi insegnanti del liceo Chiodi e Cocito. Fu tra coloro che liberarono Alba tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1944 (I ventitre giorni di Alba). Riuscì a fare l’ufficiale di collegamento presso la missione inglese sfruttando la conoscenza della lingua inglese. Dopo la guerra concluse la sua esperienza partigiana che però fu successivamente una parte importante nella sua vita civile da scrittore. Alla sua attività di impiegato in un azienda vinicola riuscì a coniugare la scrittura. L’opera di Fenoglio è tra le più originali nel panorama letterario italiano del secolo scorso. Le sue tematiche guida erano l’ esperienza partigiana e la vita contadina sulle Langhe. Utilizzava un linguaggio che si adattava alle situazione narrata, talvolta raffinato e colto, altre volte permeato di intercalari dialettali o espressioni inglesi. Amava indugiare sugli aspetti più duri e aspri della vita contadina fatta di fatica e stenti. Leggeva con avidità, la sorella Marisa ricorda che mangiava a tavola con gli occhi fissi sul libro del momento. Riusciva a ritagliarsi lo spazio per scrivere persino in alcuni momenti sul lavoro. Le sigarette e la scrittura erano le sue attività predilette che sposava in una particolare armonia soprattutto la notte. Il fumo era spesso fonte di confronti duri con la madre. Amava anche lo sport in senso agonistico e seppure fosse poco dotato seppe ritagliarsi spazi per praticare il nuoto, il calcio e la pallacanestro. Riconosceva di fare fatica a scrivere, a volte le sue parole definitive su carta arrivavano dopo averle cercate e pesate attraverso “penosi” rifacimenti. Se ne è andato via per sempre nel febbraio del 1963 per una complessa malattia alle vie respiratorie. La sua celebrità che seguì la maggior parte delle sue pubblicazioni postume  ci ha consegnato lo sguardo più orginale e diretto di una stagione importante della vita piemontese.

Ettore Poggi

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George Harrison, il talento più umile

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Il 25 febbraio 1943 nacque a Liverpool George Harrison. Chitarrista dei Beatles. Amico di infanzia di Paul McCartney prendevano lo stesso bus per andare a scuola. Nel 1957 Paul lo presentò a John. Fece una bizarra audizione per i Quarryman di John una sera al piano superiore di un double-decker bus. Il pezzo che suonò era l’ assolo di Raunchy brano R&B di Bill Justis, all’ epoca al secondo posto in hit parade.  John rimase impressionato dalla bravura del giovane chitarrista e lo prese nella band. Era il più dotato alla chitarra. Tuttavia inizialmente soffrì il carisma del duo Lennon McCartney. Ci volle un pò affinché i suoi pezzi venissero inseriti nei dischi dei Beatles. Ma non appena vi riuscì emerse tutto il talento di George.  I need you, If I needed someone, Taxman, I want to tell you. Per passare a brani più raffinati come Long long long, Savoy truffle, While my guitar gently weeps, Here comes the sun, Something. Ebbe modo di imparare a suonare il sitar da Ravi Shankar (padre di Nora Jones) e lo dimostrò nella bellissima Norwegian Wood. Melodie molto dolci che riflettavano il carattere schivo e delicato di George. La sua canzone Something fu ritenuta da Frank Sinatra la più bella canzone d’amore che sia mai stata scritta. Come gli altri tre Beatles nel 1970 intraprese la carriera da solista. Sempre un passo indietro rispetto al duo Lennon McCartney.  Nel 1971 organizzò il primo concerto benefico della storia a favore del Bangladesh. Partecipò alla produzione del album Imagine di John Lennon. Tornò alla ribalta con il discusso brano My sweet Lord, per il quale ebbe una controversia legale lunghissima finita con l’accusa per lui di plagio inconsapevole. Gli ultimi decenni viderò il successo del brano All things must pass, Got my mind set on you. A fine anni 80 fu ospite a Sanremo dove presentò il video del pezzo When we was fab. Successivamente intraprese il progetto itinerante con i Traveling Wilburys gruppo che annoverava miti del calibro di Bob Dylan, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison. Negli anni 90 il progetto The Beatles Anthology fu la summa di tutta la storia dei Beatles. I tre superstiti si riunirono per incidere un inedito di John Lennon Free as a bird. Dal 1966 complice l’esperienza musicale del sitar intraprese un viaggio spirituale che lo accompagnò fino alla morte sopravvenuta il 29 novembre 2001. Si avvicinò all’induismo e alle filosofie orientali. Il brano Living the material world del 1973 fu anche il titolo di un recente e pluri-lodato documentario realizzato da Martin Scorsese. George Harrison rimane nel cuore di tutti i fan dei Beatles, ma soprattutto come uno di quei quattro ragazzi che negli anni 60 hanno cambiato la musica e la moda giovanile. Grazie a artisti come lui la musica conobbe un grado di evoluzione planetaria mai più riscontrata.

Ettore Poggi

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