La prima ballerina scalza: Isadora Duncan // The first dancer barefoot: Isadora Duncan

 

Isadora Duncan photo

 

Il 14 settembre 1927, all’età di quarant’anni, moriva la celebre danzatrice statunitense Isadora Duncan.
Figlia di genitori europei, nacque in California il 27 maggio 1877. Visse gran parte della sua vita in Europa, nello specifico in Francia, tra Parigi e Nizza. Ebbe una vita personale molto intensa, fatta di relazioni burrascose e anche di lutti molto importanti, come quello per i suoi figli morti annegati nella Senna nel 1913.
Pioniera della “danza libera”, la sua arte non prevedeva costrizioni dettate dalle scarpette da punta o dagli abiti ingombranti: Isadora preferiva infatti uno stile più sobrio e naturale, come la danza a piedi nudi ed indumenti semplici e leggeri.
Isadora fu quindi un’artista che ebbe il coraggio di rompere con le convenzioni allora in voga e dettate dal balletto accademico: nei movimenti si ispirò molto all’arte greca classica, in una sorta di ricerca della perfezione tuttavia naturale.
La Duncan morì tragicamente nel 1927: la sciarpa che stava indossando rimase impigliata in una ruota dell’automobile da corsa su cui stava salendo, ragione per cui la donna morì strangolata.
In merito a questo fatto, la scrittrice Gertrude Stein commentò: “Certi vezzi possono risultare pericolosi”.

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On September 14th, 1927, at 40 years old, the famous US dancer Isadora Duncan was dying.
Daughter of European parents, she was born in California on May 27, 1877. He lived most of her life in Europe, especially in France, between Paris and Nice. Her life was very extreme, made of stormy relationships and also deaths very important, like the one for her children drowned in the Seine in 1913.
A pioneer of the “free dance”, her art did not provide constraints dictated by pointe shoes or bulky clothes: Isadora preferred a more sober and natural style, such as dancing barefoot and clothing simple and light.
Isadora was an artist who had the courage to break with the conventions in vogue and dictated by the academic ballet: the movements were inspired by the classical Greek art, like a search of perfection however natural.
Duncan died tragically in 1927: the scarf she was wearing got caught in a wheel of the racing car on which she was going, reason why the woman died strangled.
About this fact, the writer Gertrude Stein said, ” Affectation can be dangerous”.

Maria 

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Il massacro di Monaco 1972

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5 settembre 1972, Monaco di Baviera, Villaggio Olimpico. Alle 4.30 un commando palestinese si avvicinò alla recinzione del villaggio olimpico. Il commando era composto da Luttif Afif, leader del gruppo e negoziatore. Gli fu affibiato il soprannome di “‘Isa” e divenne famoso per le immagini in TV che lo ritraevano col volto ricoperto di lucido per scarpe, occhiali da sole e un vistoso cappellino bianco. Nativo di  Nazaret da madre ebrea e da padre palestinese di religione cristiana. Laureato a Berlino, aveva lavorato come ingegnere alla costruzione del villaggio olimpico di Monaco. Yusuf Nazzal, conosciuto con l’appellativo di “Tony”, identificabile nelle foto e nelle riprese per il cappello da cowboy. Aveva lavorato come cuoco al villaggio durante la costruzione del medesimo. Afif Ahmad Hamid, conosciuto come “Paolo”. Khalid Jawad, conosciuto come “Salah”. Ahmad Shiq Taha, conosciuto come “Abu Halla”. Mohammed Safadi, conosciuto come “Badran”. Adnan al-Gashei, conosciuto come “Denawi”. Jamal al-Gashei,  conosciuto come “Samir”. Questo gruppo terroristico portava il nome di “Settembre Nero”. Alla testa di questo movimento c’era Abu Dawud. Giorni prima avevano fatto arrivare le armi in alcune borse via aereo. In cinque valigie erano contenuti sei fucili d’assalto Kalashnikov, due pistole mitragliatrici e vari caricatori e nei giorni seguenti altri due fucili mitragliatori Kalashnikov e alcune bombe a mano. La sicurezza evidentemente non fu affatto efficaci, si disse che già all’ aeroporto avessero controllato solo la prima borsa contentente biancheria intima femminile. In quel momento spuntò dalla strada un gruppo di atleti americani che avevano trascorso la notte nei locali di Monaco. Credendo di trovarsi di fronte ad altri atleti, gli americani aiutarono i terroristi a scavalcare la recinzione con le borse contenenti le armi. I terroristi fecero irruzione nell’ appartamento che ospitava gli atleti israeliani. Nell’ atto di forzare la porta di ingresso uccisero due israeliani  Moshe Weinberg, allenatore, e Yossef Romano, specializzato nel sollevamento pesi. Successivamente sequestrarono altri nove atleti. Alle ore 4.47 una donna delle pulizie, appena arrivata sul posto di lavoro, udendo gli spari chiamò subito la polizia. Ad un primo esame della situazione non ci fu dialogo con i terroristi che per spiegare le proprie intenzioni gettarono in strada il corpo di Moshe Weinberg. Alle 5.08 l’ intento dell’ azione terroristica fu chiara: due fogli di carta furono gettati dal balcone del primo piano e raccolti da un poliziotto tedesco. Ciò che si richiedeva era la liberazione di 234 detenuti nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion Andreas Baader e Ulrike Meinhof, detenuti in Germania. L’ordine avrebbe dovuto essere eseguito entro le 9.00 del mattino. In caso contrario, Issa, colui che si propose come negoziatore, minacciò che ad ogni ora passata in vano sarebbe stato ucciso un ostaggio e che i cadaveri sarebbero stati gettati per strada. Alle 8.15 la gara di equitazione in programma ai Giochi olimpici si svolse regolarmente. Il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Avery Brundage informato dell’ accaduto decise che le Olimpiadi non si sarebbero fermate. Nel frattempo erano partite le trattative. L’ultimatum dei  terroristi subì delle variazioni di ora in ora fino alle 17.00 . Le televisioni avevano avuto tutto il tempo di puntare le loro telecamere sul numero 31 di Connolystrasse. L’eco mediatica fu enorme. L’ultima richiesta fu un trasporto aereo diretto per il Cairo per continuare le trattative. Alle ore 21.00 fu posto un ulteriore ultimatum che venne rispettato: due elicotteri atterrarono nei pressi dell’ edificio nel villaggio olimpico e trasportarono i terroristi e gli ostaggi all’ aeroporto di Fürstenfeldbruck. L’unità di crisi tedesca aveva nel frattempo organizzato una spedizione di una squadra della polizia, abbastanza improvvisata e con poca decisione sul da farsi. Atterrati all’ aeroporto Issa e Tony si premurarono di perlustrare l’aereo, non fidandosi. Lo trovarono vuoto. Scapparono e un agente aprì il fuoco. Ci fu un confuso conflitto a fuoco che durò un ora. Fu ucciso un agente tedesco. Non trovando scampo, Issa sparò ai suoi prigionieri e lanciò una  bomba a mano nell’ elicottero. Gli ostaggi morirono. Issa si diede poi alla fuga ma venne raggiunto mortalmente dai colpi degli agenti tedeschi. Le dinamiche relative al secondo elicottero sono ancora da chiarire, ma anche li gli ostaggi vennero assassinati.  Nella fuga gli ultimi quattro terroristi rimasti vivi vennero arrestati. Alla 1.30 tutto era finito. Tempo dopo Golda Meir con il Mossad attuarono una lunga vendetta che portò all’ individuazione di tutti i responsabili palestinesi, secondo il Mossad, e alla loro relativa eliminazione in gran parte dell’ Europa.

Ettore Poggi

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1870 – 1943: quando la storia d’Italia passa per l’8 settembre

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L’8 settembre 1870 il generale del Regno d’Italia Raffaele Cadorna, al comando di un corpo d’armata, si attestò alla periferia di Roma; il comandante in capo consegnò al rappresentante vaticano una lettera indirizzata al romano potenfice Pio IX. Nella missiva il Re d’Italia, Vittorio Emanuele II,  annunciava al papa l’imminente ingresso dell’esercito regio nella città romana. Era l’atto conclusivo del processo di unificazione italiana: Roma, la città santa, sarebbe diventata italiana il 20 settembre 1870. Il Regno d’Italia ne avrebbe fatto la sua capitale. L’8 settembre 1943 alle ore 19:42 il generale dell’esercito italiano Pietro Badoglio annunciava, con un messaggio radiofonico, la resa incondizionata all’alleato americano. Era, anche questo, l’ultimo atto di una guerra condotta a fianco dell’ex alleato tedesco; era l’inzio della fine del Regno d’Italia. In 73 anni di storia l’Italia passò dall’unificazione del suo territorio ottenuta grazie all’ardore del suo condottiero, Giuseppe Garibaldi, all’umiliazione e alla distruzione della seconda guerra mondiale.

L’8 settembre 1943 l’Italia non sottomise solamente la propria sovranità al nuovo alleato americano, ma consegnò parte dei propri territori al nuovo nemico tedesco il quale, prima di battere in una lenta ritirata, depredò, uccise e distrusse tutto ciò che incontrò sul suo cammino. Gli americani al sud, i tedeschi al nord, Roma città aperta: l’Italia come nazione non esisteva più. Essa dimostrò tutta la propria debolezza di giovane stato: una casa regia in fuga, un dittatore spodestato, un esercito allo sbando, una popolazione abbandonata a se stessa.

“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza”.  Pietro Badoglio, 8 settembre 1943

Ancora una volta, come accade quasi sempre nel corso della storia, le ripercussioni della guerra e  il peso della successiva ricostruzione passarono attraverso il sacrificio dei cittadini italiani. W l’Italia.

Roberto

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Uno spirito forte, un cuore tenero: Sophie Scholl

SophieScholl

E’ un luogo comune abbastanza diffuso credere che durante gli anni del nazismo in Germania nessuno fosse consapevole delle ingiustizie che il regime stava compiendo. Questo luogo comune è ovviamente sbagliato, poiché è risaputo che furono numerosi i gruppi di resistenza passiva alla dittatura. Uno di questi gruppi era quello della “Rosa Bianca”, composto da giovani studenti dell’università di Monaco.
Sophie Scholl, una giovane donna tedesca avversa all’ideologia nazista, aderì insieme al fratello maggiore Hans alla “Rosa Bianca”. Si occupò di preparare e di diffondere volantini che incitavano alla resistenza non violenta nei confronti del Reich.
Il 18 febbario 1943 Sophie fu vista da un bidello nazista mentre distribuiva i depliants all’università di Monaco, ed insieme al fratello Hans fu fatta arrestare. Seguirono quattro giorni di durissimo interrogatorio da parte della Gestapo, alla fine dei quali la giovane donna fu accusata di tradimento.
Il 22 febbraio 1943 Sophie ed i suoi compagni parteciparono ad un processo farsa e furono condannati a morte mediante decapitazione. L’esecuzione ebbe luogo il giorno stesso.
Sophie fu una giovane donna molto coraggiosa. Durante l’interrogatorio dichiarò senza remore le proprie responsabilità. Di fronte alle accuse di tradimento per aver disobbedito alle leggi naziste, dichiarò:
“Le leggi cambiano, la coscienza resta”.

Maria 

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Gaetano Scirea, il capitano che ci manca

Gaetano_Scirea

Il 3 settembre 1989  morì a 36 anni Gaetano Scirea. Calciatore della Juventus e della nazionale italiana. A tarda sera Sandro Ciotti interruppe la serie dei gol alla domenica sportiva per dare la tremenda notizia. Era andato in Polonia a seguire il Górnik Zabrze prossimo avversario della Juventus. Erano le 12,50 di domenica: Scirea viaggiava sull’ autostrada su una Fiat 125 Polski verso Varsavia. Di lì avrebbe dovuto prendere il volo per Torino, accompagnato da un autista locale, da un interprete e da un dirigente del Górnik. La Polski Fiat 125p conteneva quattro taniche di benzina nel bagagliaio. L’ autista fece un sorpasso azzardato cercando di superare due tir. L’urto con un furgone che veniva in senso contrario imprigionò Gaetano all’interno del veicolo. L’ auto prese fuoco, e morì bruciato. Una fine orribile. Venne consegnato immediatamente alla leggenda. Un uomo mite, equilibrato ed educato. Un campione unico nel suo ruolo, sapeva vedere il gioco, interveniva con tempismo e senza commettere scorrettezze. Aveva un ottimo tocco di palla e segnava anche molto per essere un difensore. Non protestava, non litigava, parlava poco e sapeva farsi rispettare. Fu ammonito due sole volte e non fu mai espulso e mai squalificato. Da giocatore vinse sette titoli di campione d’Italia e due coppe Italia; in campo europeo vinse 1 Coppa Uefa (1976-1977), 1 Coppa delle Coppe (1983-84), 1 Supercoppa Uefa (1984), 1 Coppa dei Campioni (1984-85) e 1 Coppa Intercontinentale (1985). Quando vinse il mondiale con l’ Italia nel 1982 i suoi compagni andarono a festeggiare tutta la notte, lui e Zoff rimasero in camera in silenzio ad assaporare il momento. Era generoso, la moglie Mariella ricorda come lui fosse ospitale. Ogni tanto arrivava a Torino qualche gruppetto di tifosi da tutta Italia, Gaetano li incontrava volentieri e quando sapeva che sarebbero andati a mangiare un panino in qualche bar, ecco che il capitano juventino se li caricava in macchina e li portava a cena a casa sua. Franco Baresi,  ricorda ancora oggi come fosse un esempio per lui, per doti tecniche e correttezza. Il presidente Boniperti lo considera a tutt’oggi il suo fuoriclasse, e ricorda che quando qualcuno suggeriva di stendere l’avversario con un calcione, Gaetano molto candidamente diceva di non esserne capace. Lontanissimo dallo stile odierno dei calciatori divi. Scirea richiama alla semplicità e alla civiltà, un esempio di come ci si comporta correttamente con i compagni e con gli avversari. Il capitano che ci manca di più anche perché è andato via troppo presto.

Ettore Poggi

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