Ungaretti, la parola che illumina d’immenso

Ungaretti_Giovane

L’ 8 febbraio del 1888 nacque ad Alessandria d’ Egitto Giuseppe Ungaretti. Figlio di italiani; suo padre lavorava come operaio al canale di Suez e morì quando Giuseppe aveva solo due anni per una malattia contratta sul lavoro. La madre, che il poeta ricorda come donna di estrema energia e grande religiosità, gestiva un forno alla periferia di Alessandria. Studiò in collegio, in una scuola svizzera di Alessandria, e si formò con le letture di Leopardi, Baudelaire, Mallarmé e Nietzsche. Lasciò l’Egitto nel 1912. Alloggiò a Firenze, a Roma e poi a Parigi. Frequentò ambienti artistico letterari, con una predilezione per le avanguardie: Picasso, Soffici, Palazzeschi, Boccioni, Modigliani e Marinetti. Nel 1915 si trasferì a Milano. Sempre in quell’anno publicò su Lacerba le prime poesie. Fu arruolato come soldato nella Prima Guerra Mondiale. Combatté sul Carso e, come ricordò in seguito, approfittava delle licenze che gli venivano concesse per recarsi dove volesse, lui preferì raggiungere spesso Parigi. Rimase nella capitale francese anche dopo la fine della guerra come corrispondente della Gazzetta del Popolo. Lavorò anche all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana. Nel 1920 sposò Jeanne Dupoix. Nel 1928 fece un’esplicità professione di fede cattolica, la quale influenzò la sua opera poetica. Nel 1931 pubblicò l’opera Allegria che constava nella sistemazione delle opere precedenti dando una coerenza e una forma più organica. Rielabora il messaggio formale dei simbolisti con l’esperienza della guerra fatta di male e morte, nacquero in questa ottica Mattina e Soldati. Nel frattempo il suo linguaggio poetico subì una maturazione più vicina alla tradizione attraverso l’opera Sentimento del Tempo, 1933. Aderì al fascismo al quale dedicò la poesia Popolo. Mussolini scrisse anche la prefazione alla raccolta Il porto sepolto. La sua fama si espandeva. Gli fu conferita una cattedra di Lingua e Letteratura italiana a San Paolo in Brasile dove rimase fino al 1942. In quella parentesi brasiliana morì il figlio nel 1939. Al suo rientro compose una riedizione di Allegria che sarebbe poi stata il prologo per l’opera Vita di un uomo. L’associazione degli scrittori a fine guerra minacciò la sua epurazione dalla stessa per la sua adesione al fascismo, ma alla fine non furono presi provvedimenti. Nel 1947 uscì l’opera Il Dolore imperniato sulla perdita prematura del figlio e sull’esperienza di guerra. Nel 1950 seguì la pubblicazione dell’opera La terra promessa, successivamente la raccolta: Un Grido e Paesaggi. Nel 158 lasciò l’insegnamento universitario. Gli anni successivi comparì in televisione leggendo i suoi versi. Morì il 1 giugno 1970. La poesia ungarettiana ha la particolarità di essere incarnata dalla parola, pura, creatrice, capace di rivelare nella sua semplicità il mistero della vita. Persino l’a capo e lo spazio bianco della riga sorreggono il significato essenziale e totalizzante della parola Ungarettiana. Rimane il poeta italiano più famoso del novecento ed esponente principale dell’ermetismo.

Ettore Poggi

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Il regista che amava le donne

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Parigi, il 6 febbraio 1932 nacque François Truffaut. Fu un grandissimo regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, attore e critico cinematografico francese. Segnò insieme a registi come Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Eric Rohmer e Jacques Rivette una corrente culturale cinematografica nota come la Nouvelle Vague. Quel movimento era caratterizzato da un’ ispirazione dal neorealismo italiano coniugata ad uno scardinamento delle regole di ripresa e di montaggio del cinema classico. Ebbe un’ infanzia tormentata, non conobbe mai il padre biologico e questo lo portò ad avere un carattere polemico e intransigente. Folgorato dal cinema, passò tutta l’adolescenza a guardare film. Il critico francese André Bazin lo salvò da diversi guai giudiziari in cui s’era cacciato per colpa del suo spirito ribelle inserendolo in un circolo di critica cinematografico. Il giovane François iniziò così a scrivere per delle riviste di cinema e poi, sempre grazie a Bazin, passò ad una rivista nata in quegli anni i Cahiers du cinéma. Con le conoscenze che maturò riuscì a fare l’assistente di Roberto Rossellini. Conobbe Jean-Luc Godard con cui scrisse il film Fino all’ultimo respiro, film icona della Nouvelle Vague. Si interessò ad un romanzo di Henri-Pierre Roché, Jules et Jim. Questo titolo lanciò la grande attrice francese Jeanne Monreau. Era la storia di un triangolo amoroso tra due amici e una ragazza, mescolato con il gusto per la letteratura e le lingue. Anche questo film rimane iconico tutt’ora attraverso la corsa sul ponte dei tre. Il tema ricorrente di Truffaut è l’adolescenza fatta di inquietudine, infelicità e solitudine. Calata in un percorso di conoscenza interiore caratterizzato dalla scoperta dell’amore. Il successo arrivò proprio con il film I 400 Colpi, nel 1959. La storia dell’adolescente Antoine Doinel che sarà protagonista anche nei suoi film successivi L’amore a vent’anni (1962), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo… è solo questione di corna (1970) e L’amore fugge (1979). Nei suoi film vi sono ritratti di adolescenti e di donne tra i più poetici, sociologici e pedagogici che il cinema avesse conosciuto prima. In Fahrenheit 451 nel 1966 troviamo tutto l’amore per la letteratura. Nel 1973 il film Effetto Notte porta con sé tutto l’amore che Truffaut nutriva per il cinema. La storia del film vede il susseguirsi della costruzione di un film,  le sue difficoltà realizzative e gli amori che vede nascere sul set. Nel 1977 non si fece mancare anche l’esperienza di attore per Steven Spielberg nel film Incontri ravvicinati del terzo tipo dove interpretò uno scienziato francese. Nello stesso anno realizzò L’uomo che avama le donne, la storia di un uomo e le sue storie sentimentali, ovviamente corroborato da esperienze personali del regista. Fu un indomabile seduttore, ebbe molte donne, tra cui la moglie Madeleine Morgenstern che gli diede tre figlie. Morì per una grave malattia al cervello a Parigi il 21 ottobre 1984. Il suo cinema ha accarezzato due decenni, nei quali ci lasciò anche un opera fondamentale per chi ama il cinema, il libro Il cinema secondo Hitchcock, il migliore libro di cinema mai scritto che racconta le lunghe conversazioni tra i due registi sulla carriera del regista del brivido.

Ettore Poggi

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Un contemporaneo nei “Tempi Moderni”

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Il 5 febbraio 1936 esce nelle sale cinematografiche di tutto il mondo Modern Times di Charlie Chaplin. E’ il film più importante prodotto dall’attore: è il primo a sonoro di Chaplin ed è il primo lungometraggio “impegnato”. Prima del 1936, il pubblico si era abituato a vedere brevi cortometraggi con semplici gag nelle quali, attraverso il personaggio Charlot, risaltava il genio e la bravura dell’attore. Non si richiedeva nessun tipo di impegno mentale allo spettatore, il quale doveva sedersi e aspettare la prima scena comica per iniziare a ridere. Ma il mondo degli anni Venti e Trenta stava cambiando e Chaplin seguiva il mondo: i nazionalismi e i venti di guerra da essi derivati, le trasformazioni della società e la meccanizzazione del settore industriale erano fenomeni che non erano indifferenti all’attore. Dopo aver ottenuto tutto quello che un attore comico poteva conquistare: soldi, onore, fama, gloria, era arrivato per Chaplin il momento di rimettersi nuovamente in gioco, questa volta mettendo piede nella società e rappresentandola. La fabbrica moderna non attribuiva più all’uomo un posto di primo piano nel ciclo produttivo, l’operaio era diventato una parte di quella catena di montaggio che permetteva di aumentare i cicli produttivi riducendo i tempi di produzione. Il lavoratore della fabbrica moderna doveva compiere gli stessi “meccanici” gesti per svariate ore durante la giornata. Cosa rimaneva quindi dell’uomo, del suo essere pensante e vivente, dei suoi sentimenti, delle sue passioni, della sua intelligenza? Secondo Chaplin, nulla. Da questo concetto parte la rappresentazione della società moderna, di quei temi moderni che portavano sì un progresso, una forma di evoluzione della società: le prime auto, le prime società elettriche, i primi confort, le radio, ma tutto questo era ottenuto a quale prezzo? Era l’uomo ad essere dismesso e a favore della macchina, la quale diveniva l’elemento principale. Realizzare Modern Times costò parecchio a Chaplin, soprattutto il fatto che entrando a piedi uniti in questa società, considerata distorta, non sarebbero mancate le critiche a posteriori. Creare la risata con una gag comica non impegnata o creare la risata facendo risaltare il modo in cui un operaio è trattato sono due cose ben diverse. L’evoluzione entrò anche nel mondo del cinema e Chaplin provò a resisterle, infatti egli non volle che Modern Times fosse del tutto sonoro. L’attore resiste ancora all’uso dei dialoghi, ma introduce il sonoro: la musica è sincronizzata con il movimento dei personaggi e lo svolgimento delle azioni. Inoltre si poneva il problema di dare voce a Charlot, in quanto il pubblico di tutto il mondo si chiedeva quale voce avrebbe avuto, in che modo avrebbe parlato. La voce avrebbe rispecchiato la figura del “vagabondo”. Chaplin azzarda, per un solo ciak, quello del ballo della Titina, l’attore fa cantare Charlot, fu una delle scommesse più importanti vinte da Chaplin. Tutto questo non poteva bastare per la realizzazione di un film impegnato, diverso dai precedenti, doveva anche cambiare, o meglio maturare lo stesso personaggio di Charlot: se il primo “vagabondo” poteva generare simpatia e tenerezza nel pubblico, il nuovo Charlot matura come uomo: ora è l’operaio che ogni giorno cerca di sopravvivere e nel quale si rispecchierà la classe operaia di tutto il mondo. Sarà con The Great Dictator che il personaggio di Charlot raggiungerà la piena maturità. La scena finale di Modern Times in cui Chaplin invita la giovane ragazza, Paulette Godard sua futura moglie, a sorridere alla vita è una delle più belle che il cinema abbia mai realizzato. Il sorriso di Charlot è un inno alla vita, all’amore e alla felicità.

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Quindi: vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore: ciò che vuoi. La vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Quindi: canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni momento della tua vita, prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi. (Cit. Chaplin)

 

Roberto Rossetti

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La forza della verità

gandhi

Nuova Delhi. 30 gennaio 1948. Durante la preghiera del mattino tre colpi di pistola sparati da Nathuram Godse uccisero il Mahatma Gandhi. Godse era configurato come un estremista indù a cui non andava bene l’ apertura dialettica di Gandhi verso il mondo musulmano. Oggi il Mahatma Gandhi lo troviamo nelle icone con cui vengono rappresentati i grandi del passato, di tanto in tanto compare il suo volto con una delle sue frasi o presunte tali sui social network. Ma chi è stato Gandhi? Nato il 2 ottobre 1869 a Porbandar, laureato in diritto a Londra, Gandhi era un vegetariano convinto e sperimentò diete per ridurre al minimo la sua alimentazione. Aveva un grandissimo rispetto per gli animali che riteneva al pari dell’uomo come creature di Dio. Sebbene avesse praticato la professione di avvocato e quindi avesse la possibilità di godere di un certo agio cerco di vivere in semplicità anche dal punto di vista del vestiario. Questa decisione venne presa anche in rispetto dei più poveri. Questa sua purezza d’animo fu anche lo spirito guida con cui conduceva la sua vita, ritenendo la sua anima più importante del suo corpo. Difese gli immigrati indiani in Sud Africa per una ventina d’anni, nei quali si scontrò contro l’apartheid. La sua azione politica fu imprevista e promosse una nuova forma di protesta. L’idea alla base del suo atteggiamento era la Satyagraha. Ovvero la forza della verità. Essa si manifestava attraverso la disobbedienza alle leggi ritenute ingiuste, il boicottaggio non violento, il picchettaggio non violento, lo sciopero non violento, le marce e gli scioperi della fame e della sete. Disobbedienza della legge di cui accettava le conseguenze amministrative, talvolta anche manifestate attraverso la violenza fisica. Questa protesta pacifica ma netta e solenne affascinò personalità come Martin Luther King, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi. Andava ripetendo che i conflitti si risolvono facendo leva sulle cose che ci accomunano con gli avversari. Nel 1930 promosse la protesta del sale, una marcia di oltre 350 km che portò all’estrazone del sale in violazione alle direttive reali. I dissidenti andarono incontro ad una violenta repressione inglese. Furono arrestate 60.000 persone e molti furono anche picchiati. L’anno dopo il viceré e Gandhi firmarono un accordo che consentisse agli indiani la raccolta del sale per uso domestico e il rilascio dei dissidenti della protesta del sale. Un anno prima di morire l’opera di Gandhi vide la luce del suo obiettivo politico: l’indipendenza dell’ India, era il 15 agosto 1947. Non resta che affermare la sua grandezza ricordando che è stato uno dei pochissimi uomini politici determinati e che vivevano secondo i propri valori. La sua biografia trasuda una coerenza inarrivabile, la sua figura pubblica aderiva perfettamente con la sua vita privata. Non amava molto parlare in pubblico, anche se le sue frasi rimangono scolpite nella storia la sua arma migliore era il suo esempio.

Ettore Poggi

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Only tears for Demis Roussos

demis roussos

Nei giorni in cui la Grecia stava per compiere un passo importante per se e la sua storia recente con il voto elettorale, uno dei suoi più grandi talenti l’ha resa orfana. Si tratta di Demis Roussos cantante e bassista degli Aphrodite’s Child. Nato ad Alessandria d’Egitto il15 giugno 1946.  Insieme al grande Vangelis Papathanassiou aveva costituito uno dei gruppi più famosi di fine anni 60. Inizialmente erano una formazione di quattro elementi. Nel 1968 tentarono la fortuna a Londra. Erano partiti in tre dalla Grecia alla volta di Londra, poiché il quarto membro dovette restare in patria per assolvere gli obblighi di leva. Il suono della band miscelava atmosfere greco-mediterranee e rock progressivo con un sostrato di musica classica. Ebbero un audizione presso la Mercury Records dove piacquero al produttore Pierre Sberro. In quel periodo un’altra band aveva ottenuto successo con tipo di musica molto vicino a quello degli Aprhodite’s Child, si tratta dei Procol Harum. Perciò per il lancio del gruppo greco fu individuata una melodia classica del seicento il Canone in re maggiore dell’abate Johann Pachelbel. Ci lavorarono su e ne scaturì il brano Rain and Tears, caratterizzato dal suono dell’ organo hammond di Vangelis e dalla voce in falsetto di Demis Roussos. Il brano ebbe un successo straordinario, uscito a ridosso del maggio francese 1968 ne divenne anche una formidabile colonna sonora. Nel 1970 nacque il brano it’s five o’clock altro grande successo cantato di recente da Franco Battiato. Un brano che porta con sé sonorità della tradizione musicale greca con influenze classiche. Sempre in quegli anni si misurarono con la cover di un successo di Sergio Endrigo Lontano dagli occhi, recentemente riportata alla ribalta da Gianna Nannini. Nel 1971 il gruppo si sciolse. Demis Roussos continuò ad avere successo come solista e Vangelis divenne un grande compositore di colonne sonore per film come Blade Runner e Momenti di Gloria. Nel 1971 Roussos vinse il Festivalbar con We shall dance. Altri successi furono Forever and Ever, My Friend the Wind, My Reason e Lovely Lady of Arcadia. La sua voce inimitabile si è spezzata per sempre. Non ci resta che ricordarlo con un verso del suo più grande successo

“When you cry
in winter time
you can pretend
it’s nothing but the rain”

“Quando piangi in inverno
puoi fare finta
che sia nient’ altro che pioggia”

Ettore Poggi

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