La giornata della memoria ha come data il 27 gennaio. La ricorrenza a cui viene fatta risalire è il giorno in cui i soldati sovietici della prima armata del fronte ucraino, guidati dal maresciallo Koniev, entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz. Erano le 15. Vi trovarono ancora 7.000 prigionieri, abbandonati dai nazisti in fuga perché ritenuti malati. Per cancellare tracce i soldati di Hitler avevano fatto saltare tre forni crematori le notti precedenti. Questo era il quadro di quel giorno. Dietro le immagini che si pararono davanti agli occhi dei soldati sovietici c’era un qualcosa di ancora più inaudito, si tratta del progetto di morte che aveva condotto l’umanità a tale abisso. La soluzione finale era il nome del progetto nazista in quei campi densi di orrore e disumanità, ma soprattutto di follia. Era il risultato principale delle leggi di Norimberga emanate nel 1935. Un progetto complesso che travolse l’Europa intera e che affondava le sue radici nell’antisemitismo nel secolo precedente, nelle teorie sull’arianesimo di Adolf Hitler, nelle sgangherate interpretazioni delle responsabilità tedesche sulla prima guerra mondiale fatte dal Fuhrer. Dapprima gli ebrei vennero “invitati” a lasciare la Germania, poi le cose si fecerò più serie e venné realizzato lo sterminio fisico. Gli ebrei vennero esclusi da ogni apparato pubblico della vita sociale tedesca fino a considerarli non persone ma pezzi. Ad essi si aggiunsero tutte le categorie sociali considerate deboli o non vincolabili ai parametri nazisti dell’ uomo ariano. Il tempo che corre senza sosta si è portato via parecchi testimoni. Il rischio che il ricordo sbiadisca, che l’assuefazione ad immagini di violenza derivanti dal cinema e della letteratura possa affievolire il peso storico e civile dell’ olocausto è grande. Perciò è stata istituita questa giornata. Perché nelle coscienze possa rimanere quella sensibilità che produce rispetto tra i popoli. Recentemente si sono propagati sentimenti di odio nel mondo, che in maniera diversa hanno portato a morte e distruzione. Come se il sacrificio di 6 milioni di ebrei e più in generale di 55 milioni di persone sia solo un dato statistico ed appartenga ad una delle tante tragedie del passato. Educare le nuove generazioni ad accogliere nel mondo gli altri con rispetto è il nostro compito quotidiano per diminuire tale rischio. La lezione del 27 gennaio è per tutti, nessuno escluso.
Ettore Poggi