Nel mondo della storia e degli episodi ad essa inerenti succede spesso di trascurare la storia delle donne, grandi protagoniste insieme agli uomini, dall’epoca antica a quella contemporanea, dei più importanti fatti che hanno cambiato il susseguirsi degli eventi.
Theodor Fontane, noto rappresentante del realismo poetico tedesco vissuto nel XIX secolo, disse: “Non vedo perché ci si debba sempre occupare degli uomini e delle loro battaglie; di solito la storia delle donne è molto più interessante”. Come non dargli ragione!
Basti pensare in effetti ad alcuni casi eccezionali: Cinisca, la prima donna ad aver vinto una gara delle Olimpiadi nel IV secolo a.C.; Cleopatra, regina egizia del periodo tolemaico ed amante dei due condottieri romani Giulio Cesare e Marco Antonio; Anna Comnena, principessa bizantina vissuta nel XII secolo e soprattutto una delle prime donne storiografe conosciute; Maria Montessori, vissuta tra XIX e XX secolo, inventrice di un metodo educativo che porta tutt’oggi il suo nome e anche una delle prime donne a laurearsi in medicina in Italia.
Coffee and History ha deciso di aprire un nuovo canale i cui articoli verteranno su personaggi di sesso femminile o su contesti e situazioni storiche inerenti all’evoluzione della figura femminile dall’antichità ad oggi.
Se siete interessati ad un aspetto o ad un evento specifico e vorreste che il tema fosse approfondito in uno degli articoli siete invitati a lasciare un commento sotto ai post pubblicati. Grazie!
Oggi
Educare al rispetto della donna
L’incendio della fabbrica Triangle avvenuto il 25 marzo del 1911 a New York è senza dubbio uno dei motivi per cui oggi abbiamo la festa della donna. In quell’ incendio morirono 146 persone in maggioranza donne giovani e immigrate anche di origine italiana. Ma l’origine della festa della donna venne anche fatta risalire alla richiesta del diritto di voto alle donne fatta dal partito socialista americano nel 1909. Quindi si parla di un riconoscimento del ruolo attivo, pubblico, della donna nella società. L’ 8 marzo del 1917 alcune donne di San Pietroburgo manifestarono per chiedere la fine della Guerra. Tornando ai fatti di New York le donne che lavoravano nella fabbrica e che rimasero vittime dell’ incendio erano vittime anche di condizioni lavorative infami. E la tragica beffa di quel giorno fu che la scala anti-incendio cedette lasciando a quelle poverette la scelta orribile di morire precipitando dal terzo piano oppure bruciate nel rogo che stava divampando. Quella tragedia come molte altre che nella storia sono passate più o meno silenziosamente portano con sé riflessioni e indignazione. Ricordarle non cancella il dolore e non alleggerisce responsabilità, ma può gettare una luce per tutte le donne che sono ancora oggi vittime di violenze e di soprusi. Il rispetto per la donna non può essere imposto da una data, o da un secondo fine del maschio, quanto dovrebbe scivolare tra le azioni quotidiane con la spontaneità di uno sguardo. In molte parti del mondo la donna è oggetto di umiliazioni che spesso lei stessa fatica a riconoscere per retaggi culturali antichi. Ma più vicino a noi, tra le mura delle nostre città dove noi abbiamo la presunzione di aver raggiunto un maggiore grado evolutivo, ecco che troppo spesso troviamo la vergogna in gesti macabri e abominevoli contro le donne. Le parole e gli slogan con cui ci riempiamo la bocca per strappare un applauso, generare un’adulazione dovrebbero avere come immediata conseguenza uno scatto di mentalità. Questo passo può avvenire con l’educazione. Essere educati ed educare alla riconoscenza dell’ importanza del ruolo femminile nella società. Il valore di una persona si misura da cosa produce e da come lo produce, non certo da una differenza di genere. Il rispetto per l’individuo è la base su cui si fonda ogni attività umana. L’amore non preceduto dal rispetto non è amore ma senso del possesso. Rispetto è libertà e riconoscere l’altro come fonte di conoscenza e ricchezza umana. Questa educazione va praticata ogni giorno, ad ogni incontro, e sicuramente staremmo tutti un pò meglio.
Ettore Poggi
Giornata della memoria, una lezione per il mondo di oggi
La giornata della memoria ha come data il 27 gennaio. La ricorrenza a cui viene fatta risalire è il giorno in cui i soldati sovietici della prima armata del fronte ucraino, guidati dal maresciallo Koniev, entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz. Erano le 15. Vi trovarono ancora 7.000 prigionieri, abbandonati dai nazisti in fuga perché ritenuti malati. Per cancellare tracce i soldati di Hitler avevano fatto saltare tre forni crematori le notti precedenti. Questo era il quadro di quel giorno. Dietro le immagini che si pararono davanti agli occhi dei soldati sovietici c’era un qualcosa di ancora più inaudito, si tratta del progetto di morte che aveva condotto l’umanità a tale abisso. La soluzione finale era il nome del progetto nazista in quei campi densi di orrore e disumanità, ma soprattutto di follia. Era il risultato principale delle leggi di Norimberga emanate nel 1935. Un progetto complesso che travolse l’Europa intera e che affondava le sue radici nell’antisemitismo nel secolo precedente, nelle teorie sull’arianesimo di Adolf Hitler, nelle sgangherate interpretazioni delle responsabilità tedesche sulla prima guerra mondiale fatte dal Fuhrer. Dapprima gli ebrei vennero “invitati” a lasciare la Germania, poi le cose si fecerò più serie e venné realizzato lo sterminio fisico. Gli ebrei vennero esclusi da ogni apparato pubblico della vita sociale tedesca fino a considerarli non persone ma pezzi. Ad essi si aggiunsero tutte le categorie sociali considerate deboli o non vincolabili ai parametri nazisti dell’ uomo ariano. Il tempo che corre senza sosta si è portato via parecchi testimoni. Il rischio che il ricordo sbiadisca, che l’assuefazione ad immagini di violenza derivanti dal cinema e della letteratura possa affievolire il peso storico e civile dell’ olocausto è grande. Perciò è stata istituita questa giornata. Perché nelle coscienze possa rimanere quella sensibilità che produce rispetto tra i popoli. Recentemente si sono propagati sentimenti di odio nel mondo, che in maniera diversa hanno portato a morte e distruzione. Come se il sacrificio di 6 milioni di ebrei e più in generale di 55 milioni di persone sia solo un dato statistico ed appartenga ad una delle tante tragedie del passato. Educare le nuove generazioni ad accogliere nel mondo gli altri con rispetto è il nostro compito quotidiano per diminuire tale rischio. La lezione del 27 gennaio è per tutti, nessuno escluso.
Ettore Poggi
Umanità Fallahata
L’articolo di oggi era già pronto da ieri: una parodia del dittatore nord coreano Kim Jong-un nel giorno del suo trentaduesimo compleanno. Ma nella giornata di ieri, 7 gennaio 2015, l’ironia ha ceduto il passo alla morte. A Parigi, un gruppo armato terrorista ha fatto irruzione nella redazione del giornale Charlie Hebdo, decretando la morte dei fumettisti e dei giornalisti, che il quel momento stavano lavorando, rei di aver trattato in maniera satirica l’Islam. Così è stato, dodici morti.
Epurando per quanto possibile l’avvenimento dalle immagini shock apparse nei video amatoriali, dal clamore dell’avvenimento, rimane il gesto di estremisti che hanno ucciso in nome di un dio. Cercando di affrontare razionalmente la questione, alcune precisazioni ritengo che siano d’obbligo. Nessuna persona vivente in questo pianeta può conoscere quelle che siano le volontà di un dio, chiunque esso sia e in qualunque forma o stato esso si presenti. Nessuno. Tutti noi possiamo azzardare, possiamo supporre, possiamo interpretare o come più spesso accade tra i sette miliardi di persone viventi attualmente sulla terra possiamo credere che un dio ci renda partecipi della sua conoscenza. Azzardare, supporre, interpretare, credere non è conoscere. La conoscenza e la sapienza spettano solo a dio, chiunque esso sia e in qualunque modo esso si chiami e si manifesti. Noi non abbiamo la conoscenza e non abbiamo la sapienza sennò non saremmo esseri mortali, ma saremmo dei che vivrebbero nell’olimpo dell’eternità. Questa considerazione, del tutto personale ovviamente, stride fortemente con le manifestazioni di violenza che gruppi fanatici esercitano nei confronti di semplici cittadini perché questi hanno offeso il loro dio. Questa non è manifestazione del proprio credo: non lo è stato il gesto di ieri, come non lo erano le crociate mille anni fa.
Stride fortemente pensare al fatto che un essere superiore possa avere creato un mondo armonico in cui la natura stessa si sussegue in cicli perfetti da millenni e poi questo stesso dio abbia creato l’uomo con il solo scopo di uccidere in nome dello stesso dio che lo ha creato. Evitando ogni deriva demagogica e cercando di ridurre la questione in termini semplici: uccidere nel nome di dio non è fare la volontà di quel dio, ma l’opposto, è diffondere odio e morte. Quando siamo stati creati penso (o meglio suppongo in modo da essere costante con quanto sopra scritto) che l’arma che ci sia stata donata da dio sia l’amore: non c’è niente da fare, a queste parole si può sorridere, credersi forti e superiori, veri uomini duri senza sentimento, ma per questo siamo stati creati, per amare. L’uomo non è un animale che si è evoluto per rimanere solo ma per vivere in comunità e per riprodursi, tutto questo tramite l’amore e non importa verso quale sesso se il proprio o l’opposto, ma è solo l’amore che conta. Questo qualcuno prima di noi lo aveva anche capito e lo aveva detto in parole semplici:
“Stiamo cercando di capire l’amore, c’è qualcosa di più importante?”
Cit. Paolo VI
“L’amore è l’ultimo limite dell’umanità e ad esso dobbiamo tendere”
Cit. Mahatma Gandhi
“Ogni buona azione è carità. Il vero benessere di un uomo nell’aldilà è quello che egli fa in questo mondo ai suoi simili”
Cit. Maometto
Roberto Rossetti
Gli Occhi di Schumacher
Il 3 gennaio 1969 nasce a Hermülheim Michael Schumacher. Pilota di automobilismo. Vincitore di sette mondiali di formula 1 attraverso la conquista di 91 gare. Record. Il pretesto del suo compleanno consente di porre lo sguardo su un aspetto particolare della vita di Schumacher. Gli occhi. Milioni di occhi lo hanno seguito nei vent’anni in cui sfrecciava sulle piste di formula 1 di tutto il mondo. Occhi che lo hanno ammirato, avversato e invidiato. I nostri occhi che lo hanno visto crescere dal 1991, anno di esordio con la Jordan gialla. Abbiamo ammirato la sua evoluzione, il suo modo di imporsi sugli avversari. Da quando nel 1994 iniziò la sua gloria sportiva con il primo campionato del mondo vinto, proprio quando finiva la gloria terrena di Ayrton Senna, consegnando il fuoriclasse brasiliano al mito. In pista possedeva la costanza di rendimento di Prost, la meticolosità di Lauda. Qualcuno accomunò l’abilità di guida sul bagnato a quella del grande Ayrton. Un duello durato purtroppo un paio di gran premi. Forse era destino che Ayrton dovesse solo avere come avversario Prost. Milioni di occhi che videro la tenacia di Michael che spesso sfociava in manovre al limite, come è la vita di un pilota. Gli occhi della moglie che lo ammirava mentre saltava sul gradino più alto del podio. Gli occhi di chi non gli perdonava l’esprimersi in inglese invece dell’italiano. Gli occhi di Michael che piansero dopo la vittoria al gran premio di Monza del 2000 quando iniziò a sentire che forse era l’anno buono per rivincere il mondiale, dopo alcune gare deludenti. Gli occhi di chi ha ricevuto la sua beneficenza in segreto, e di chi ha testimoniato la sua beneficenza invece attraverso manifestazioni pubbliche. Gli occhi del giovane Vettel che hanno avuto l’onore di guardare gli occhi di Michael, il suo mito, congratularsi al suo primo successo mondiale pochi anni fa. Un grande uomo che ha corteggiato il limite ogni volta che lo sport diventava gara, anche con se stesso. Ora Michael s’è nascosto ai nostri occhi, giustamente, la sua dignità viene prima di tutto. Le cronache ci raccontano che le sue parole i suoi gesti sono misteriosamente fermi nei suoi occhi. Ogni tanto gli capita di commuoversi con i suoi cari. Gli capitava anche anni fa davanti ad un film, quando ci sembrava impossibile che un tedesco così squadrato potesse avere un cuore tenero, nobile e generoso. E’ consolante pensare che in fondo i nostri sguardi che lo hanno accarezzato sono ancora li dentro i suoi occhi e lo accompagnano. Come la spada di un guerriero alla sua battaglia più importante, speriamo per celebrare una nuova vittoria.
Ettore Poggi