La nebbia avvolgeva la collina di Superga, si disse che non si vedesse a 30 metri. La pioggia scendeva forte. Il vento squarciava il silenzio. Furono questi tre elementi naturali ad assistere alla tragica fine del Grande Torino. Il Torino stava tornando in Italia a bordo di un aereo, un fiat g.212, da Lisbona dopo avere giocato una partita amichevole. Il capitano della squadra lusitana Francisco Ferreira aveva invitato l’ amico rivale Valentino Mazzola per giocare una partita con le rispettive squadre. Dopo aver fatto scalo a Barcellona, un breve incontro in aeroporto con i giocatori del Milan, la squadra granata riprese il viaggio per Torino. Alle 17.05 nella nebbia, nella pioggia e nel vento avvenne lo schianto con la base della basilica di Superga. Il commissario tecnico della Nazionale era Vittorio Pozzo, e risiedeva a Torino. Il ct più vincente della storia italiana con i mondiali 34 e 38 e le olimpiadi del 36. Negli anni 40 costruì la nazionale con dieci giocatori del Torino e uno della Juventus. Quel giorno fu chiamato lui per riconoscere i corpi dei giocatori granata. Il Grande Torino non c’era più. Per meritarsi quella definizione basti menzionare che quella squadra vinse cinque campionati consecutivi dal 1943 al 1949, fatto salvo il 1945 non disputato. Imponendosi per gioco reti e vittorie, prestazioni da leggenda. Il contesto storico in cui quel Torino si affermò contruibuì a rendere la leggenda unica e irripetibile. Nel 1939 Ferruccio Novo acquistò il club granata. Nel 1941 la guerra era già iniziata l’ anno prima e Novo iniziò a costruire la squadra acquistando i giocatori Ferraris Menti Gabetto Bodoira e Borel che si aggiunsero a Ossola già del club dal 1939. L’anno successivo completarono lo squadrone con Loik e Mazzola per la cifra stratosferica di allora di un milione e duecento mila lire e la cessione di Bodoira e Petron. I giocatori di calcio della serie A dell’ epoca non erano mimamente paragonabili con quelli di oggi. Valentino Mazzola tutte le mattine percorreva in bicicletta 30 km da Cassano al Portello a Milano dove faceva l’operaio all’ Alfa Romeo, la sera sempre in bicicletta tornava a casa con qualsiasi condizione meteo. Durante la Guerra i giocatori venivano mandati a lavorare in fabbrica e a volte andavano a giocare in provincia dove trovavano anche scorte di cibo. I campionati che si susseguirono accompagnarono i principali eventi che cambiarono l’ Italia per sempre, la fine della Monarchia nel 1946 e la nascita della Repubblica, la nuova Costituzione del 1948. L’anno dopo il fatale 4 maggio 1949. La FIFA di recente ha stabilito che il 4 maggio fosse la giornata mondiale del gioco del calcio. Fu detto che una squadra così non sarebbe mai potuta invecchiare per consegnarsi all’ eternità da vincente, andando oltre il suo tragico destino terreno.
Ettore Poggi