Roma, ore 9.02 di giovedì 16 marzo 1978 avvenne il rapimento di Aldo Moro. Il presidente della Democrazia Cristiana si stava recando in Parlamento per votare la fiducia al governo Andreotti, appoggiato anche dal PCI. L’ onorevole era a bordo di una Fiat 130, scortato da due agenti, seguita da un Alfetta bianca con altri agenti della scorta. L’ agguato avvenne in prossimità dell’ incrocio tra via Fani e via Stresa, nel quartiere Trionfale. Gli esecutori del piano crimale furono 19 elementi legati alle Brigate Rosse. Essi disposero di due vetture 128 e una 132. La prima 128 guidata da Mario Moretti frenò all’ improvviso provocando il tamponamento della 130 con a bordo Moro e che a sua volta fu tamponata dall’ Alfetta. Una seconda 128 di Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri si bloccò di traverso dietro l’ Alfetta intrappolando la colonna. Il gruppo di fuoco composto da Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari e Franco Bonisoli entrò in azione, sul lato sinistro della strada, sparando circa 91 colpi con mitragliatori e pistole. Vennero uccisi i cinque uomini della scorta: Oreste Leonardi e Domenico Ricci a bordo dell’ auto di Moro e Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi a bordo dell’ Alfetta. La 132 guidata da Bruno Seghetti entrò in azione appena Raffaele Fiore e Mario Moretti fecero uscire Moro dalla 130, portandolo via. I brigatisti fecero perdere le tracce dopo aver trasbordato l’ ostaggio su un furgone dentro una cassa di legno fino al luogo della prigionia. Le Brigate Rosse fecero pervenire un comunicato nel quale dipinsero Moro come “lo stratega di quel regime democristiano che nei trent’ anni precedenti oppresse il popolo italiano” e chiesero lo scambio con dei prigionieri. Scambio che venne rifiutato dal Governo. Aldo Moro ebbe modo di scrivere alcune lettere nelle quali chiedeva che fosse avviata una trattativa. Prevalse la linea della fermezza, la politica italiana non intese dare valore politico alle Brigate Rosse. Paolo VI amico personale di Aldo Moro lanciò alcuni appelli caduti nel vuoto. Quel giorno iniziarono i cinquantacinque giorni che sconvolsero l’ Italia, culminati con la condanna a morte del presidente della DC decretata dai suoi carcerieri il 9 maggio 1978. Nonostante vari processi e varie condanne non mancano aspetti misteriosi e non del tutto chiarificati. L’ unica certezza storica fu che il sacrificio estremo di Aldo Moro segnò il punto più alto criminoso e la fine dell’ esperienza delle Brigate Rosse nella vita politica e sociale italiana.
Ettore Poggi