Baghdad, la guerra e le mille e una notte

Benjamin-Constant-Arabian_Nights

Il 17 gennaio 1991 una forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti d’America attaccò militarmente lo stato dell’Iraq, guidato dal dittatore Saddam Hussein. La causa scatenante del conflitto fu l’invasione nell’agosto del 1990 da parte degli iracheni del confinante stato del Kuwait per sfruttare i ricchi giacimenti di petrolio. Lo scontro armato durò poco più di un mese: le forze in campo dispiegate dai due schieramenti videro la vittoria degli americani e dei loro alleati; gli iracheni si ritirarono dal Kuwait incendiando i pozzi di petrolio. La “prima guerra del golfo” fu anche il primo conflitto ad essere trasmesso in mondovisione: come non ricordare le immagini delle notti di Baghdad illuminate a giorno dai missili americani e iracheni. Da quel 17 gennaio 1991, le notti di Baghdad non furono più le stesse. Una seconda guerra, durata dal 2003 fino al 2011, travolse l’intero regime iracheno causando la caduta e morte del suo dittatore. Oggi in Iraq e a Baghdad regna il caos: le guerre passate e le lotte interne attuali hanno cancellato ogni traccia di uno dei paesi più antichi e storici del medio oriente, non rimane più nulla tranne il suo cielo, perfetto e immutato nel tempo, ispirazione dei più grandi scrittori orientali, dei “mille e una notte”.

Tra tutti i racconti su Baghdad dei “mille e una notte” riporto questo:

Storia di Ali Cogia mercante di Bagdàd

A Bagdàd abitava un mercante di nome Ali Cogia, che viveva solo e in condizioni decorose. Quest’uomo sognò per tre notti consecutive un vecchio che lo esortava ad andare in pellegrinaggio alla Mecca. Per scrupolo di coscienza, Ali Cogia decise di vendere tutti i suoi averi e di partire in pellegrinaggio. Temendo di restare senza denaro, nascose mille monete d’oro in un vaso, che ricoprì fino all’orlo di olive. Consegnò questo vaso ad un suo amico mercante che gli assicurò che lo avrebbe custodito e glielo fece chiudere nel proprio magazzino. Ali Cogia fece ottimi affari alla Mecca e decise di continuare il suo viaggio come turista, prima al Cairo, poi a Gerusalemme, Damasco e, infine, in India. Passarono così sette anni e l’amico se ne dimenticò, finché un giorno la moglie manifestò il desiderio di mangiare delle olive. Il mercante volle aprire il vaso e si stupì di trovare le monete d’oro sul fondo. Per riempire il vaso, aggiunse delle olive fresche a quelle vecchie di sette anni. Ben presto Ali Cogia tornò e fece visita all’amico. Chiese di poter recuperare il suo vaso, ma si accorse che le monete d’oro erano sparite. Credendo nella buona fede dell’amico, lo esortò ad ammettere di averle prese in prestito, ma il mercante finse di non averle toccate e mise in dubbio l’esistenza del tesoro. Ali Cogia, affranto, citò l’amico in giudizio, ma in tribunale, non esistendo prove a favore di ciò che diceva, il cadì riconobbe il mercante innocente. Questo processo suscitò grande scalpore in città e il califfo Harùn ar-Rashìd, durante una delle sue sortite notturne sotto travestimento, vide dei ragazzini che impersonavano i protagonisti della disputa: uno di loro, che fingeva di essere il cadì, riconobbe con una serie di prove inconfutabili la colpevolezza del mercante. Il califfo si ricordò del fatto, poiché Ali Cogia gli aveva inviato una supplica per ottenere il suo intervento. L’indomani Harùn ar-Rashìd fece convocare il ragazzino, il mercante, Ali Cogia, il cadì e due mercanti di olive, i quali giudicarono che l’amico aveva sostituito il tesoro con olive fresche e lo obbligarono a confessare. Dopo aver restituito il maltolto, il mercante venne impiccato e il califfo ringraziò il ragazzo per essere stato più giudizioso e intelligente del cadì e gli fece dono di cento monete d’oro.

Roberto

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