Il 1° marzo 1922 nacque ad Alba Beppe Fenoglio. Scrittore e traduttore. Figlio di Amilcare, aiutante di un macellaio e di Margherita Faccenda. Era un bambino molto intelligente e riflessivo. A scuola si rivelò uno studente modello. La sua insegnante Maria Lucia Marchiaro lo avviò allo studio dell’inglese sua grande passione. Negli anni del liceo ebbe anche due insegnanti Pietro Chiodi, professore di filosofia, e Leonardo Cocito, antifascista, docente di italiano che furono per lui un punto di riferimento fondamentale. Dopo il liceo, arrivò per Fenoglio il periodo universitario. Si iscrisse alla facoltà di Lettere ma nel 1943 interruppe gli studi per frequentare il corso da ufficiali. L’ 8 settembre cambiò le carte in tavola anche per lui. Tornò a casa. Iniziò il periodo della lotta partigiana sulle Langhe. Nelle brigate a cui si unì ritrovò i suoi insegnanti del liceo Chiodi e Cocito. Fu tra coloro che liberarono Alba tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1944 (I ventitre giorni di Alba). Riuscì a fare l’ufficiale di collegamento presso la missione inglese sfruttando la conoscenza della lingua inglese. Dopo la guerra concluse la sua esperienza partigiana che però fu successivamente una parte importante nella sua vita civile da scrittore. Alla sua attività di impiegato in un azienda vinicola riuscì a coniugare la scrittura. L’opera di Fenoglio è tra le più originali nel panorama letterario italiano del secolo scorso. Le sue tematiche guida erano l’ esperienza partigiana e la vita contadina sulle Langhe. Utilizzava un linguaggio che si adattava alle situazione narrata, talvolta raffinato e colto, altre volte permeato di intercalari dialettali o espressioni inglesi. Amava indugiare sugli aspetti più duri e aspri della vita contadina fatta di fatica e stenti. Leggeva con avidità, la sorella Marisa ricorda che mangiava a tavola con gli occhi fissi sul libro del momento. Riusciva a ritagliarsi lo spazio per scrivere persino in alcuni momenti sul lavoro. Le sigarette e la scrittura erano le sue attività predilette che sposava in una particolare armonia soprattutto la notte. Il fumo era spesso fonte di confronti duri con la madre. Amava anche lo sport in senso agonistico e seppure fosse poco dotato seppe ritagliarsi spazi per praticare il nuoto, il calcio e la pallacanestro. Riconosceva di fare fatica a scrivere, a volte le sue parole definitive su carta arrivavano dopo averle cercate e pesate attraverso “penosi” rifacimenti. Se ne è andato via per sempre nel febbraio del 1963 per una complessa malattia alle vie respiratorie. La sua celebrità che seguì la maggior parte delle sue pubblicazioni postume ci ha consegnato lo sguardo più orginale e diretto di una stagione importante della vita piemontese.
Ettore Poggi