Alle Olimpiadi di Berlino del 1936 la propaganda nazista curò nei minimi particolari la preparazione e lo svolgimento di questa manifestazione. Ogni azione filmato o video dovevano tendere ad un unico scopo: dimostrare la supremazia della razza ariana. Questa competizione fu l’opportunità per il Fuhrer di mostrare al mondo intero la potenza, la forza, ma soprattutto la rinascita della nazione tedesca. La regia dell’evento venne affidata alla regista Leni Riefenstahl, già autrice di due film propagandistici sul nazionalsocialimo: il compito di Leni fu quello di catturare le migliori inquadrature degli atleti tedeschi, mettendo in risalto la loro atleticità, la loro forza, la loro bellezza, il loro spirito ariano, come la natura aveva plasmato i corpi di questi atleti rendendoli perfetti. Come gli antichi combattenti spartani i tedeschi erano pronti a combattere per vincere, sia in campo sportivo che militare. Intanto, l’Europa rimaneva a guardare pensando di avere la situazione internazionale sotto controllo e non intervenendo contro l’affermazione dispotica del nazionalsocialismo, ma anzi cercando di sfruttarlo a proprio favore contro il potere russo. All’immobilismo europeo faceva contraltare un uomo forte, pronto a scalare il potere a qualsiasi costo, un’icona tedesca, un semidio: Adolf Hitler. Anche la prestigiosa rivista giornalistica “TImes” riconoscerà questo statuts al Fuhrer dedicandogli la copertina del 1938.
Nelle Olimpiadi del 1936 dove gli atleti tedeschi si dimostrano i più forti nelle varie discipline, dove tutto è organizzato per esaltare la loro supremazia, accade qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato e che provocò quel gesto di stizza del Fuhrer immortalato dalle telecamere. Accadde che un ragazzo americano di colore, Jesse Owens, vinse quattro medaglie d’oro: i 100 metri, il salto in lungo, i 200 metri, la staffetta 4×100 metri.
Un atleta di colore aveva vinto le maggiori competizioni dell’Olimpiade, un atleta di colore era salito sul gradino più alto del podio a testa alta lasciando al suo avversario tedesco il secondo posto, un atleta di colore aveva gareggiato e vinto contro il razzismo di un intero stadio, di un’intera società esaltata di arianesimo. Jesse Owens ha dimostrato quanto la teoria di superiorità della razza ariana propagandata dal nazionalsocialismo fosse assurda e senza alcun fondamento.
Oggi, in epoca contemporanea, assistiamo a nuovi fenomeni di antisemitismo, di discriminazione razziale, di pretesa di difesa di confini senza ricordarci che non esistono le razze, le quali sono una costruzione mentale dell’uomo ma esiste l’essere umano, che questa terra ci è stata donata dalla natura senza confini e che sempre su questa terra siamo degli ospiti.
Oggi ci vorrebbero più Jesse Owens, ci vorrebbero più persone che con coraggio e a testa alta ci ricordano che siamo tutti esseri viventi, tutti Uomini allo stesso modo.
Roberto