A B Cosa nostra

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In relazione alla latitanza di Matteo Messina Denaro e alla notizia recente dell’assegnazione della scorta a Lucia Borsellino si scrive e legge di tutto. Spesso le notizie sono errate, confuse o basate su semplici supposizioni di cronisti arditi pronti a creare lo scoop per un breve momento di notorietà. Vediamo di ripassare insieme l’A B C di Cosa nostra, regolamento che risulta tanto semplice da generare in chi cerca di interpretare le mosse mafiose ufologiche supposizioni. Partiamo dal primo concetto: Salvatore Riina è attualmente il capo esecutivo di Cosa nostra: fino a quando egli rimarrà in vita e sarà in grado di esternare i propri ordini è lui a comandare. Dai recenti filmati trapelati all’esterno, a parte qualche acciacco fisico dovuto all’età, la sua mente e la sua lingua lavorano ancora molto bene. Concetto numero due: Matteo Messina Denaro non è il capo di Cosa nostra, vuoi perché essendoci in vita Riina, vuoi perché essendo un trapanese non può detenere il controllo dell’organizzazione. Concetto numero tre, che deriva dai precedenti: chi comanda a Palermo comanda Cosa nostra. Salvatore Riina era sì un corleonese a capo della sua cosca, ma egli deteneva il controllo della città di Palermo, ergo era il capo dell’organizzazione. Ultimo concetto: tendenzialmente Cosa nostra non agisce (uccide) persone per lanciare supposti messaggi in modo da far capire agli altri che forse se hanno ammazzato un tipo allora poi gli altri capiscono che. No, Cosa nostra uccide persone precise e gli assassinii eccellenti commessi non lasciano spazio alle supposizioni. A chi propone come esempio l’assassinio di Salvo Lima come omicidio per far intendere qualcosa ad altri, rispondo che il Lima aveva sgarrato in prima persona nei confronti dell’organizzazione voltando le spalle a quella nebulosa selva di personaggi collusi con l’organizzazione e inseriti all’interno dell’organizzazione. Veniamo ora ai dubbi che possono riguardare l’organizzazione. Dubbio numero uno: Matteo Messina Denaro ha ricevuto chiari segnali da Salvatore Riina su chi deve essere eliminato, anche in questo caso il Riina non consiglia o suggerisce, ma ordina ed egli suppone che i suoi ordini non vengano cassati, atto che lo agita particolarmente. Condurre esternamente l’organizzazione in modo silenzioso, senza attirare i riflettori sull’organizzazione è stato lo standard utilizzato da Cosa nostra (soprattutto da Denaro) in questi ultimi anni. Gli affari si fanno non con gli omicidi, ma con l’ingresso nelle società di amministrazione riciclando al loro interno il denaro sporco, investendolo e ottenendo guadagni. Soprattutto in questi tempi di crisi, chi dispone di denaro liquido facilmente e immediatamente investibile è proprio la mafia. Compiere un omicidio eccellente, es il giudice Nino di Matteo, oppure Lucia Borsellino, vorrebbe dire puntare i riflettori dei media di tutto il mondo sull’organizzazione. Si verrebbe a ricreare la stessa situazione del 1992 dove la risposta dello Stato alle stragi di Capaci e di Via d’Amelio non poteva non essere quella della cattura del capo dei capi, Salvatore Riina. Su questa cattura ancora molti dubbi debbono essere dissipati. Matteo Messina Denaro è pronto a rischiare così tanto e soprattutto in un momento in cui lo Stato sta facendo terra bruciata intorno a se’? Certo, come suppongono anche eminenti studiosi del fenomeno mafioso altri boss, clan, potrebbero compiere l’attentato rivendicando quindi un potere e una preminenza interna all’organizzazione. In questi ultimi anni, Cosa nostra ha imparato molto dall’ndrangheta dove i delitti eccellenti si possono contare sulla punta delle dita, ma dove il proprio potere anche e soprattutto internazionale rimane forte, molto più forte di quello siciliano.

Roberto

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