Tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 le donne hanno rivendicato un ruolo attivo nella società, rifiutando il silenzio imposto loro per secoli. E’ in questo contesto che si collocano le figure delle “sante vive”, modelli di estremo ascetismo religioso con, al tempo stesso, un discreto potere politico e sociale.
Elena Duglioli, nata nel 1472 a Bologna, appena quindicenne venne data in sposa a Benedetto Dall’Olio, un notaio di fiducia dei canonici regolari del convento di San Giovanni in Monte di Bologna. Nel 1506 venne reso pubblico il fatto che, dopo diciotto anni di matrimonio, Elena manteneva ancora la sua verginità. Fu questo il fattore che diede il via al suo culto e alla costruzione della sua leggenda agiografica, che conoscerà il momento culminante tra il 1506 e il 1520. Non è un caso che il culto della donna si collochi in questo periodo storico così drammatico, caratterizzato dal crollo della signoria dei Bentivoglio e dal ritorno di Bologna alla piena sovranità pontificia: la donna venerata divenne una forma di culto alternativo alla famiglia bentevolesca, che durante le “guerre horrende de Italia”, fu cacciata dalla città.
Dopo la morte di Elena nel 1520, la devozione verso la sua figura non sembrò diminuire, anzi, le vennero addirittura attribuiti nuovi atti miracolosi, di cui il più conosciuto è quello della presenza di latte al seno in età avanzata, che avrebbe continuato a stillare anche dopo la morte della beata.
Nonostante un primo esame condotto sulla salma di Elena con esito negativo, venne poi dichiarato un certo stato di incorruzione del cadavere. Tuttavia, sebbene nella tradizione bolognese Elena sia sempre stata venerata come una santa, non venne mai avviato alcun processo canonico, almeno fino al 1828, quando alla donna sarà riconosciuto il titolo di beata sulla base delle testimonianze documentarie del culto ab immemorabili.
Maria