James Dean, l’ultima corsa

James-Dean

Il 30 settembre 1955 morì James Dean. Aveva appena 24 anni 7 mesi e 22 giorni. Tre soli film da protagonista: La valle dell’ Eden, Gioventù Bruciata e Il Gigante. Prima del 1955 la sua carriera era costellata da qualche apparizione nelle serie televisive dell’ epoca e in qualche spot, a margine di ciò fece anche teatro. Già nel luglio di quell’ anno dopo la morte di un altro giovane attore Robert Francis, e una settimana più tardi dell’ attrice Suzanne Ball ebbe a dire con il tono di chi, mascalzone, sfida il destino che questi accadimenti succedono tre alla volta e che il prossimo sarebbe stato lui. Pochi mesi prima nel suo ultimo ritorno a casa era seguito da un fotografo di Life, Dennis Stock, a cui chiese di farsi fotografare per scherzo in una bara della locale camera mortuaria. La stessa che lo avrebbe poi ospitato per davvero mesi dopo. Come altri artisti maledetti amava corteggiare la morte, arrivare al limite e sfidare se stesso. Un curioso fatto di questa sua perversa esposizione di sé era dato dalla circolazione di foto che lo ritraevano in modalità cadaverica, ma che poi, quando morì, l’ unico scatto che circolò fu quello della sua Porche incidentata. Un miliardario giapponese Seita Ohnishi conserva nella sua cassaforte gli scatti del James Dean agonizzante realizzati da Sanford Roth, giunto sul posto dello schianto pochi minuti dopo. In quella giornata egli forse inconsapevolmente fece una serie di ultime cose. Alle 0.05 la sua ultima cena al Ristorante Villa Capri. Alle 7.20 la sua ultima colazione in Sherman Oaks al 14611 di Sutton Street. Alle 12.15 salutò  per l’ ultima volta il padre e lo zio al ristorante Patsy Pizza, nei pressi di Hollywood.  Alle 14.30 in Castain Junction bevve il suo ultimo bicchiere di latte. Alle 15.30 prese la sua ultima multa, firmando il verbale, firmò anche il suo ultimo autografo. Alle 17.00 a Balckwell’s Corner, mangiò la sua ultima mela e bevve la sua ultima Coca-Cola. Alle 17.59 incontrò la morte in uno scontro con una Ford. La sorte lo beffò un ultima volta mentre l’autoambulanza lo portava in ospedale, quando l’autista rallentò bruscamente abbagliato da un’ auto che proveniva in senso contrario. L’ auto dietro l’ ambulanza nel tentativo di evitare l’ impatto sterzò ma non fece in tempo ad evitare un beffardo tamponamento.  Da quel punto in poi iniziò una seconda vita per James Dean, quella che si svolge nel ricordo e nelle citazioni di chiunque lo abbia incontrato sia di persona che attraverso i mass media. La storia ci consegna un ragazzo che doveva ancora mostrare al mondo e a se stesso la sua cifra di artista, benché le premesse fossero esaltanti. Ma James Dean rappresenta molto altro, ovverosia la proiezione in noi stessi di quanto possa pesare ogni singolo frammento di vita condito dal talento che ci è stato dato in prestito. La sua leggenda è indubbiamente frutto degli anni 50, quando la macchina mediatica raccoglieva l’ evento riservando alle emozioni che esso procurava lo spazio necessario perché non fossero massificate, ma parcellizzate e cristallizzate nello stato d’animo di ognuno, senza che nessuno si permettesse di suggerire che tipo di emozione avremmo dovuto provare.

Ettore Poggi

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